Una relazione impietosa quella dell’Autorità nazionale anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, sullo stato degli appalti nella Capitale. “Senza controlli e poco trasparenti”, il riassunto del dossier dell’autorità amministrativa.
Le amministrazioni al centro della polemica sono le ultime due: quella Alemanno e quella Marino. Specialmente la prima, c’è da evidenziare. Ma comunque Cantone afferma come sia in “palese evidenza il massiccio e indiscriminato ricorso a procedura non a evidenza pubblica in grado di assorbire di fatto, in termini quantitativi, quasi il 90 per cento delle procedure espletate”: praticamente la metà dei lavori pubblici totali affidati nel territorio della capitale d’Italia per un importo di 3 miliardi di euro (tra 2011 e 2014). Nessuna gara, tutto attraverso trattative private.
E se l’Anac presieduta da Cantone afferma come le procedure negoziate siano state “generalizzate e indiscriminate”, nel dossier si carica ulteriormente come sia “confermato dalla constatazione di generalizzata carenza e omissione anche della verifica dei requisiti di partecipazione alle procedure negoziate degli operatori economici invitati, offerenti e aggiudicatari”. Una situazione delicatissima che potrebbe portare ad un passaggio di consegna con le Procure romane. Si annusa, infatti, puzza di corruzione, avendo sostanzialmente escluso i bandi per l’assegnazione degli appalti. Non c’è stata trasparenza nella scelta dell’affidatario, scrive anzitutto la relazione Cantone, per poi arrivare ad un “carente controllo e verifica della prestazione”. Il sistema di assegnazione dei lavori viene così definito “un ‘porto franco’ scevro dal rispetto delle regole e funzionale esclusivamente al raggiungimento di obiettivi estranei agli interessi della collettività”.
Nella relazione Cantone opera una distinzione sostanziale tra l’amministrazione Alemanno e quella Marino. Durante la prima vi è stata un boom di queste procedure: 2 miliardi senza giustificazioni (il 36% degli appalti totali). Con Marino, invece, 1 miliardo e 364 milioni tra metà 2013 e fine 2014 e le procedure negoziate sono salite all’87 per cento del totale. Una sostanziale inconsapevolezza da parte dell’attuale sindaco di Roma, circa il sistema costituitosi intorno a lui, che tuttavia non lo salva dal giudizio finale di Cantone per quel che riguarda l’eccessivo numero di lavori affidati alle cooperative: “le numerose proroghe effettuate per assicurare la prosecuzione del servizio, anche di importo rilevante, hanno spesso avuto durata bimestrale o trimestrale, motivata dalla mancata approvazione del bilancio, che ha costretto l’Amministrazione al frazionamento degli investimenti. Nonostante i servizi da svolgere fossero in gran parte ritenuti vitali e improcrastinabili, si è rilevata la totale assenza di programmazione, seppur limitata agli importi a disposizione”.
Daniele Errera