Nell’equilibrio della finanza pubblica si stanno giocando in contemporanea tre partite – che si influenzano l’una con l’altra – ed alcune proposte – che potrebbero portare a tagli di pensione fino al 30%.
La prima partita è quella degli esodati della Fornero, rimasti nel limbo del senza stipendio né pensione: 125 mila sono stati recuperati (con una spesa di 12 Mld in due anni e mezzo), per altri 49 mila si stanno cercando le coperture.
La seconda è l’indicizzazione delle pensioni, dopo che nello scorso maggio la Corte Costituzionale l’ha ripristinata obbligando il Governo ad una copertura di circa 2 Mld.
La terza è quella della flessibilità in uscita per i lavoratori, su cui premono anche sindacati e minoranza interna del PD.
La coperta è corta, ed a tirarla sono in molti: Il Ministro dell’Economia Padoan mette in guardia che “l’equilibrio di finanza pubblica va mantenuto”; Renzi da tempo sostiene il progetto di “Libertà e disponibilità per la nonna che si vuole godere il nipotino”; il Dpef è già arrivato a 27 Mld, la Spending Review è un cantiere aperto che non mostra ancora la sua fine e Bruxelles non ha ancora dato l’assenso alla flessibilità in uscita.
Su questo campo di battaglia economico e sociale si innestano le proposte.
Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, e Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, sono i primi firmatari di una proposta di Legge che prevede di poter anticipare l’uscita in pensione a 62 anni (attualmente 66 e 3 mesi, nel 2016 sarà 66 e 7 mesi) al costo per il lavoratore del 2 per cento per ogni anno. Secondo i proponenti il costo per la Ragioneria sarebbe sotto i 4 Mld.
Il costo non sarebbe affatto poco (il 14,8% del totale della Finanziaria in discussione…), quindi si vagliano altri progetti. Il più quotato (e tecnico) viene definito proposta-Boeri e consiste nell’estendere a chi va in pensione anticipata un calcolo interamente contributivo al posto dell’attuale – molto più generoso – retributivo mitigato dal sistema pro-rata. Sembra che tale soluzione possa portare ad un taglio della pensione fino al 30% con un costo per le casse statali prossimo allo zero. Il rischio è che vi ricorrano in molti ed il primo anno l’incidenza sulla spesa pubblica sarebbe comunque alta.
Come al solito in politica, nel mezzo delle due proposte potrebbe esserci l’accordo: permarrebbe la possibilità di pensionamento anticipato a 62 anni ma con penalizzazione al 4%; dovrebbe risultare una decurtazione massima della pensione attorno al 15% ed un equilibrio tra costi e risparmi. I ragionieri dello Stato stanno ancora facendo i conti e le parti sono in attesa delle loro valutazioni.