Intercettazioni, approvata la riforma alla Camera
Oggi la Camera ha approvato la riforma del processo penale. Duecentosettantotto voti favorevoli e 156 contrari hanno dato il via libera alla norma che regola “principi e criteri direttivi in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni”, che troveranno attuazione nei decreti legislativi emanati dal governo. Il prossimo step sarà al Senato
Obiettivo della delega: selezionare le conversazioni ‘rilevanti’
L’obiettivo del ddl – come si ricorderà – è quello di evitare la pubblicazione di intercettazioni che risultino irrilevanti ai fini dell’indagine e che di contro alimentano la gogna mediatica. Un provvedimento che nei mesi scorsi aveva surriscaldato non poco il dibattito politico, soprattutto nelle file del M5S, per via dell’emendamento presentato da Area Popolare che proponeva fino a 4 anni di carcere per le conversazioni prese “in modo fraudolento”. Un meccanismo che destava preoccupazione per l’operato dei professionisti dell’informazione e che però risulta essere definitivamente accantonato.
Non sono ancora note le modalità con cui il governo intende intervenire sulla materia. Nei mesi scorsi si era parlato di un’udienza di selezione delle intercettazioni “rilevanti”, cui avrebbero preso parte i pubblici ministeri e gli avvocati. Una strada considerata impraticabile e che ora apre la pista ad altri scenari. Stando alle voci che circolano tra gli addetti ai lavori, la presidente della commissione Giustizia, Donatella Ferranti, Pd, starebbe optando per un «procedimento di selezione» del materiale.
Sta inoltre raccogliendo adepti in queste ore, il lodo Pignatone-Bruti-Lo Voi (dal nome dei procuratori di Roma, Milano e Palermo) che in un’audizione parlamentare avevano proposto di diffondere in conferenze stampa le ordinanze dei gip o anche i decreti di sequestro e perquisizione dei pubblici ministeri. In questo caso, la diffusione erronea delle intercettazioni, sarebbe stata responsabilità del singolo magistrato.
Nessuna pena aggiuntiva per i giornalisti
Stando al contenuto del provvedimento, allo stato attuale, non si intravedono limiti al diritto di cronaca.
Il governo dovrà semplicemente predisporre delle norme per evitare la pubblicazione di conversazioni irrilevanti ai fini dell’indagine e riguardanti persone completamente estranee alle vicende, attraverso una selezione del materiale relativo alle intercettazioni.
Nella delega non c’è alcuna previsione di pene carcerarie per i giornalisti. Al momento, se un cronista viene riconosciuto colpevole di una pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento giudiziario, viene punito con una multa di 130 euro.
Focus sulla materia, in arrivo una commissione di saggi
Dopo il voto di domani, il ministro della Giustizia Andrea Orlando annuncerà la costituzione di una commissione di saggi per studiare una soluzione idonea all’uso delle registrazioni.
Tra gli esperti ‘papabili’ circolano i nomi di Pignatone, Bruti o Lo Voi. Non è esclusa la nomina di Stefano Rodotà, tra i giuristi più esperti sul tema della privacy.