Elezioni Catalogna: la regione spagnola, il giorno dopo il voto per il rinnovo della giunta regionale, si sveglia con un governo apertamente separatista che non vuole saperne di rinunciare all’indipendenza.
Elezioni Catalogna: il giorno dopo
Lo spoglio dei voti sta ormai giungendo al termine: Junts pel Sì – la “piattaforma trasversale” di Arturo Mas – ha conquistato 62 seggi all’assemblea regionale catalana (alla tornata del 2012 – in un’altra forma – ne aveva conquistati 71), mentre “Candidatura d’Unità Popolare” (CUP), l’altro partito indipendentista (di sinistra), ne occuperà 10 (alle regionali del 2012, ne aveva presi appena 3). Agevolmente superata la cifra dei 68 seggi necessari per avere la maggioranza: la Catalogna avrà un governo separatista che – lo ha già promesso – farà di tutto per staccarsi dalla Spagna.
D’altronde, questa tornata elettorale è stata presentata da tutte le forze politiche – anche, loro malgrado, da quelle non indipendentiste (esclusi i popolari) – come un referendum sull’indipendenza. Tuttavia, anche se il governatore “in pectore” Mas ha salutato la vittoria come l’inizio del percorso verso la secessione, bisogna notare che Junts pel Sì e CUP insieme non hanno raggiunto la maggioranza dei consensi. Insomma, se si fosse davvero trattato di un referendum, l’indipendenza non avrebbe vinto.
D’altra parte, “abbiamo vinto, questo ci dà una grande forza per continuare nel nostro progetto” ha arringato la folla Arturo Mas, a margine della comunicazione dei risultati “finali” dello spoglio. La sua coalizione, però, ha raccolto il 39,7% dei voti, che sommati a quelli del CUP (8,2%), pongono il fronte dell’indipendenza ben al di sotto della maggioranza assoluta dei voti, come si è detto.
Dunque, aver raggiunto il 47,9% dei consensi permetterà sicuramente di governare alle forze indipendentiste ma, per quanto riguarda la secessione, una tale percentuale di consensi, non gli consentirà di prendere decisioni unilaterali, come potrebbe esserlo una “dichiarazione d’indipendenza”.
Elezioni Catalogna: contro Madrid e i Popolari
Infatti, secondo molti analisti, raccolto meno del 50% dei voti, nessuno riconoscerà come “legittime” le pretese d’indipendenza catalane, tanto meno il governo di Madrid che sulla questione è pronto a ingaggiare una battaglia giudiziaria senza precedenti. Il primo ministro Mariano Rajoy (PP) non perde occasione per ribadirlo: tutta la potenza del sistema giudiziario spagnolo verrà utilizzata per stroncare ogni mossa indipendentista.
Non si può certo ignorare come Rajoy in questi anni abbia snobbato sia le rivendicazioni riguardanti la lingua e l’identità catalana (gli abitanti della regione sono il 16% della popolazione nazionale) sia le rimostranze di natura “fiscale” (la Catalogna rappresenta il 20% del Pil spagnolo: pur pagando tasse elevate, riceve pochi finanziamenti statali). Comunque, la Costituzione spagnola vieta alla singole “Comunità Autonome” di decidere unilateralmente sulla propria “sovranità”.
I catalani non si sono certo dimenticati delle politiche di Rajoy dentro la cabina elettorale: al Partito Popolare sono stati consegnati solo 11 seggi, quando alle ultime elezioni ne aveva presi ben 19. La grave emorragia elettorale che ha colpito i popolari sembra aver favorito quasi completamente Ciudadanos: la formazione di centro-destra (tra l’altro fondata da un catalano) ha riscosso un più che discreto successo (25 seggi). L’elettorato costituzionalista, senza dubbio, ha affidato le proprie istanze alla formazione “dal volto nuovo, giovane e, soprattutto, pulito”.
Da parte sua lo stesso “fronte indipendentista” sembra essere pronto all’implosione, il CUP sta cominciando a mostrare delle indecisioni sulla leadership di Mas: non possiamo permettere che il prossimo presidente della Repubblica Catalana “sia collegato a tagli, privatizzazioni e corruzione” (riferimento a scandali che hanno colpito il suo partito e alle politiche di austerità attuate).
Inoltre, il “governatore” vorrebbe condurre un iter a “tappe forzate” che porti all’indipendenza in 18 mesi, la “Candidatura d’Unità Popolare”, invece, vorrebbe staccarsi dalla Spagna il prima possibile (insediamento del “governo di transizione” e “dichiarazione d’indipendenza”). A questo punto la domanda potrebbe diventare: Mas sarebbe disposto a lottare per un’indipendenza che non abbia il suo volto?
Piuttosto che dare una mandato forte alle forze secessioniste, le elezioni di domenica hanno confermato che la Spagna ha un problema: l’integrazione della Catalogna. La questione potrebbe essere risolta già dalla Corte Costituzionale, ma “a livello politico” sarà decisivo il voto delle prossime nazionali.