Pensioni, per l’uscita dal lavoro arriva la flessibilità su misura, limitata ad alcune particolari categorie di lavoratori e con meccanismi diversificati. Il Governo si prepara all’approvazione della Legge di Stabilità entro la prossima settimana, ma sono possibili anche ulteriori cambiamenti: le soluzioni allo studio includono il cosiddetto prestito pensionistico a carico delle aziende, alcuni ritocchi alla salvaguardia per gli esodati e un ripristino dell’opzione donna: ovvero la possibilità per le donne del settore privato di uscire dal lavoro con tre anni di anticipo a fronte di una decurtazione della pensione legata all’equità attuariale (circa 3,5% ogni anno) e non al ricalcolo interamente contributivo.
Attualmente è allo studio del Governo una nuova manovra che potrebbe modificare le modalità di uscita dal lavoro per alcune categorie: da una parte un prestito pensionistico per il lavoratore a carico dell’azienda (che pagherebbe i contributi fino all’accesso alla pensione), dall’altra l’uscita anticipata a 63 anni con almeno 35 anni di contributi soggetta a penalizzazioni di circa il 3,5% per ogni anno di anticipo.
Se la misura allo studio del Governo venisse inserita nella Legge di stabilità, azienda e lavoratore dovrebbero trovare un accordo per l’uscita anticipata con costi per l’impresa e per il pensionando (lo Stato avrebbe solo costi residuali): l’azienda, per aumentare il turn over, dovrebbe farsi carico dei contributi da pagare per il lavoratore in uscita, fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione. L’azienda dovrebbe pagare inoltre anche una quota della pensione, che dovrebbe essere restituita al lavoratore, tramite Inps, appena raggiunta la pensione. Il rischio però è quello di creare un’opzione impossibile da utilizzare, perché sulle spalle delle aziende.