Quando la casa brucia tutti l’abbandonano. Una storia consuetudinaria nei collettivi. Quando nel 2008 nacque la coalizione Pdl, An aderì al progetto. Da allora la diaspora: molti colonnelli di Alleanza Nazionale divennero i primi pasdaran berlusconiani (si veda Maurizio Gasparri), viceversa certi si spostarono ancora più a destra. Oggi, dopo la rinascita di Forza Italia e il calo vertiginoso di voti, vi è nell’imminenza l’idea di far risorgere An. Ma nascono così i primi dissidi.
La leader più quotata, in questo momento, è la numero uno di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Che commenta l’esito dell’ultima assemblea di An con un’accusa nei confronti di Alemanno e Fini, rei di voler solo spaccare la destra, agli occhi della politica romana: “si è fatta chiarezza su chi deve rappresentare la destra in Italia. Del resto è grazie a noi se c’è ancora una destra in Parlamento. Cosa volevano davvero i ‘quarantenni’? Non è chiaro. Dietro di loro c’erano Fini e Alemanno. Volevano spaccare, distruggere, non costruire”.
Meloni, tuttavia, non si ferma al sentiero politico ma amplia l’accusa ad un recinto di natura economico-finanziaria: “volevano usare i soldi di An per fare un partito. Come se il consenso degli italiani si comprasse al mercato rionale”. Parole dure, quelle della Meloni, nei confronti di Fini, anzitutto. Poi la leader FdI – intervistata dal Corriere della Sera – passa alla rifondazione di An, progetto vivo nella destra di questi tempi: “per noi destra è difesa della Patria, sovranità, lotta ai clandestini, difesa dell’economia reale. Sbagliamo? Ma loro cosa proponevano d’altro? Fini? Parla gente che ha ridotto in macerie la destra. Cosa vogliono, che votiamo Scelta Civica? Fini dice che bisogna chiedersi perché i milioni di italiani che votavano An non votano Fdl. Rigiro la domanda: perché An ha perso tutti questi voti?”, si chiede retoricamente Meloni.
Il disco verde nei confronti di Meloni leader della ‘nuova An’ arriva da un ex membro di An, Francesco Storace. In un’intervista a Il Giornale d’Italia, Storace parla dei luoghi dove la leader FdI dovrebbe combattere (“agire nella società, basta con la politica in Fondazione, necessità di una battaglia sociale nel Paese, “aggregare e non dividere, idee e non apparati, intelligenze e non cortigiani”) e degli ostacoli che si paleseranno nei suoi confronti: “i rancori di chi ha perso, il rischio arroganza di chi ha vinto e lo scetticismo che sarà inoculato dai media alla pubblica opinione. Ci sono diverse sigle nate negli anni, alcune utili altre no, per tornare a combattere da destra. Affermi il dovere dell’etica in politica. Attorno a questi capisaldi si può giocare anche la partita delle alleanze. Da domenica può nascere una speranza o si può sprofondare nella delusione. Ma quel che si deve fare va deciso in poche ore”. Fare in fretta, fare subito la nuova destra, la nuova An.
Fini replica alle parole di Giorgia Meloni
Ma se una parte della destra storica italiana si schiera con la Meloni, c’è chi la destra l’ha rappresentata per un quindicennio, Gianfranco Fini, che non approva le parole della leader FdI. Il passaggio della Meloni sui soldi di An non è piaciuto a Fini, che attacca: “spudoratamente chi ha parlato di assalto alla cassa. Giurano di aver sventato una manovra che non è mai esistita, se non nella loro fantasia. Esultano come gli ubriachi per una congiura costruita nelle loro teste”. Fini comunque c’è, resta in campo: “cerco ostinatamente di tenere vivo il dibattito, di inserire qualche virus, qualche idea – per costruire – una destra di governo che non sia subalterna, come lo è stata sovente, al berlusconismo, e nemmeno alla Lega di Salvini”. Una destra estranea al “razzismo” leghista o al servilismo tipico forzista. Una vecchia, nuova destra.
Daniele Errera