Volkswagen: lo scoppio del Dieselgate rappresenta, naturalmente, un durissimo colpo all’azienda di Wolfsburg, in termini di prestigio del marchio e di produzione futura. La vicenda, tuttavia, non si esaurisce all’interno delle dinamiche del mercato automobilistico, sebbene i gruppi concorrenti abbiano rapidamente intuito le potenzialità offerte dal nuovo quadro sviluppatosi a seguito dell’inchiesta americana sulle emissioni, come dimostra la circolare interna al Gruppo Fca dello scorso 2 ottobre in cui l’azienda guidata da Sergio Marchionne ha chiesto ai propri concessionari di offrire lauti incentivi per la permuta, la rottamazione o il ritiro dell’usato Volkswagen.
Volkswagen: l’ago della bilancia
Agli osservatori più attenti delle dinamiche di relazioni internazionali non saranno certo sfuggite alcune notizie, sia precedenti che successive alla denuncia americana, figlie del contesto politico internazionale di frizione tra Stati Uniti e Russia: partita in cui la Germania gioca un ruolo decisivo su diversi tavoli aperti, dall’Ucraina alla Siria.
Le dimensioni dello scandalo e le ripercussioni sul sistema economico e finanziario tedesco vanno oltre Volkswagen per diversi aspetti, arrivando fino ai vertici istituzionali dello Stato e toccando, più o meno direttamente, la Cancelleria presieduta da Angela Merkel, vero obiettivo della campagna anti-tedesca che si è generata dalla vicenda in cui, è bene chiarirlo, Volkswagen ha colpe innegabili. Per comprendere il quadro generale è allora necessario mettere insieme i pezzi di un puzzle che ha come obiettivo finale la posizione della Germania nel nuovo quadro di relazioni internazionali che si sta formando in questi ultimi anni.
Volkswagen: sanzioni e controsanzioni
Le sanzioni imposte anche dalla Germania nei confronti della Russia successivamente alla crisi ucraina, e le controsanzioni di Mosca, hanno generato un forte dibattito interno nell’establishment economico e finanziario teutonico. Una spaccatura profonda tra chi ha ritenuto giusto applicare tale regime sanzionatorio e chi, al contrario, da questa vicenda ha perso molto. E qui veniamo a Volkswagen, il cui peso decisivo all’interno della struttura economica tedesca è sotto gli occhi di tutti.
Il Gruppo di Wolfsburg era, e rimane, tra i capofila della cordata interna all’élite economica a favore di una immediata revisione delle sanzioni verso la Russia, posizione che naturalmente mal si concilia con i diktat di Washington e le pressanti richieste di Barack Obama a non infrangere il muro di fermezza nei confronti di Vladimir Putin. Due dati, su tutti gli altri, testimoniano del motivo per cui Volkswagen (insieme ad altri importanti gruppi economici tedeschi) chiede un riavvicinamento alla Russia – e al suo mercato.
Volkswagen: investimenti e cali di vendite
La prima notizia riguarda i forti investimenti che Volkswagen ha recentemente effettuato in Russia. Soltanto il 3 settembre scorso il Gruppo di Wolfsburg ha inaugurato a Kaluga, nei pressi di Mosca, il più grande stabilimento automobilistico del Paese. Un investimento da 250 milioni di euro per un progetto nato nel 2012, quando la crisi tra Occidente e Russia era ancora alla fase embrionale. Per comprendere appieno l’importanza di tale apertura basti sapere che si tratta del primo stabilimento aperto in Russia totalmente detenuto da una compagnia estera; non a caso all’inaugurazione era presente il Primo Ministro Dmitrij Medvedev.
Rimanendo nell’ambito Volkswagen, per comprendere meglio i motivi dell’interesse della Casa automobilistica nei confronti della Russia, si pensi al -38,8% fatto registrare nelle vendite nel mercato russo nel primo quadrimestre 2015, figlio delle sanzioni tra i due Paesi, a fronte di un trend di crescita globale in particolare nell’Europa occidentale e negli stessi Stati Uniti. Naturalmente, dietro alla fredda percentuale si cela una grossa fetta di profitti cui Volkswagen ha, volente o no, dovuto rinunciare per questioni che col mercato c’entrano poco o nulla. Che dunque Wolfsburg avesse e abbia interesse a esercitare pressioni sul Governo tedesco per normalizzare i rapporti col vicino orientale non stupisce.
Volkswagen: attacco interno
Il quadro assume contorni intriganti proprio a seguito di queste pressioni di una parte del potere economico tedesco nei confronti del proprio Governo. Negli ultimissimi tempi la Merkel ha mostrato segnali di apertura nei confronti di Putin e della Russia, e lo scoppio del Dieselgate ha dato una improvvisa accelerata alle dichiarazioni concilianti della Cancelliera. Con una tempistica che difficilmente può esser considerata casuale, il giorno stesso della deflagrazione della scabrosa vicenda sulle emissioni dei motori diesel Volkswagen due notizie hanno dominato le stanze dei vertici politici berlinesi.
La prima è una indiscrezione lanciata da Die Welt secondo cui il governo tedesco fosse informato delle azioni del gruppo di Wolfsburg. Indiscrezione interessante poiché Die Welt rappresenta, nel panorama giornalistico tedesco, l’organo di stampa più diffuso e influente tra gli ambienti conservatori, ossia proprio gli ambienti della Merkel e del partito che rappresenta. Che dunque proprio un giornale così vicino alla Merkel si sia lanciato in un attacco, peraltro dimostratosi al momento infondato tanto da richiedere una immediata smentita il giorno successivo, nei confronti del Governo non può che essere inquadrato come un segnale politico verso la Cancelliera e le sue aperture a Oriente.
La seconda notizia rilevante seguita al caos riguarda le dichiarazioni della stessa Merkel nei confronti della crisi siriana, partita su cui Stati Uniti e Russia stanno facendo esercizio di scontro e in cui la Germania gioca un ruolo importante. Il repentino cambio di posizione di Berlino nei confronti di Assad, giudicato indispensabile dalla stessa Merkel al tavolo dei negoziati insieme a Putin, ha seguito di meno di 24 ore le prime notizie sullo scandalo che si sarebbe abbattuto sul colosso tedesco.
Volkswagen: fine dell’era Merkel?
Inquadrando bene la situazione, tenendo sempre a mente il peso di Volkswagen nel tessuto economico tedesco e le ripercussioni negative che la vicenda avrà sull’intera struttura produttiva della Germania, e dunque anche sul Governo, è plausibile ritenere che in realtà la partita che si sta giocando non riguardi un problema di emissioni inquinanti ma piuttosto un quadro di rapporti politico-economici sullo scacchiere internazionale, in cui l’obiettivo finale è la grande dominatrice della scena politica tedesca degli ultimi dieci anni, Angela Merkel, per la quale la vicenda può rappresentare concretamente l’inizio della fine del suo dominio politico.
Gianluca Mercuri