Una nuova crisi in seno al mondo del lavoro, fra i rappresentanti del mondo del lavoro – sindacati (la Cgil, particolarmente), industriali e Governo – sembra profilarsi. Prove tecniche dell’ennesimo ‘autunno caldo’. Centro del dibattito torna ad essere la contrattazione collettiva.
Muro contro muro, senza segnali d’intesa. E’ questo il profilo della questione. Da una parte l’idea del Governo Renzi, che ha intenzione di modificare le regole contrattuali. La contrattazione collettiva, sostanzialmente: il CCNL. Ma non solo. Si pensa anche ad un intervento sulla rappresentanza. Un’iniziativa anti-sindacato, la definisce Susanna Camusso, leader della Cgil. Intervistata da La Repubblica, la numero 1 di Corso Italia 25 parla di una “volontà di destrutturare la funzione di rappresentanza autonoma delle parti sociali”.
Il confronto è saltato prima di partire. E’ naturale, secondo Camusso: “l’obiettivo di Confindustria era chiaro: abbassare i salari, ridurre il potere d’acquisto dei lavoratori”. Un’iniziativa che durante un periodo di ripresa post recessione potrebbe silurare la ripresa. Camusso poi critica Squinzi, numero uno di Confindustria: appena “si è accorto che le sue idee sul salario non erano condivise ha fatto come quei bambini che si arrabbiamo e portano via il pallone. A volte vengono da rimpiangere i presidenti di Confindustria, come Angelo Costa e Gianni Agnelli, che pur nella durezza delle loro posizioni hanno sempre riconosciuto il valore del lavoro e della tutela del salario”. Camusso conclude la conversazione con Roberto Mania sostenendo come la revisione della contrattazione collettiva non sia un tabù, tuttavia si aspetterebbe dall’esecutivo una ‘contropartita’ ghiotta per i lavoratori: “nell’accordo del 1993, per esempio, ci mise la politica dei redditi. Questa volta?”.
Alla Camusso e all’interruzione dei rapporti sindacati-industriali risponde direttamente Giorgio Squinzi, Presidente di Confindustria. L’idea di fondo del capo degli imprenditori è quella secondo la quale, dopo un periodo così duro per l’economia reale, sarebbe “illogico che si proceda su sentieri vecchi, privi di collegamento con il reale”. Per questo, afferma Squinzi, “le nuove relazioni industriali si dovranno perciò ispirare alla produttività – assicurando tuttavia come – nessuno ha mai parlato né di riduzione né di moratoria. Semplicemente gli aggiustamenti del salario vanno legati ai risultati aziendali”. Ed infatti la richiesta di Squinzi, espressa in un’intervista a Il Messaggero, è quella “di cambiare le regole per i rinnovi”, mentre “Cgil, Cisl e Uil vorrebbero il contrario: prima la firma dei contratti nazionali di categoria e poi la riforma delle regole generali con cui fare i contratti. Così se ne riparlerà tra quattro anni”. Un lasso di tempo decisivo, secondo Confindustria, per la ripresa dell’economia nostrana. Un periodo che, secondo la Cgil e non solo, andrebbe impiegato per difendere i redditi dei lavoratori.
Daniele Errera