Matteo Orfini, nominato commissario del Pd di Roma da Renzi, è stato inviato nella Capitale per rigenerare il Pd e tenere d’occhio le sorti dell’amministrazione all’indomani delle dimissioni del sindaco Marino commenta cosi quanto è accaduto: “Anche alla luce di quanto emerso in questi giorni, il capitolo è chiuso”. “Avevamo il dovere di voltare pagina e lo dice chi più di tutti ha cercato di rilanciare l’azione dell’amministrazione”.
Nell’intervista a Repubblica Orfini non lascia scampo al sindaco: “Tra venti giorni ci sarà il commissario” (ma non sarà Sabella). “Nessuno ha voluto la sua testa. È finita perchè si è rotto il rapporto con la città”. “Prima di interrompere un’esperienza votata dagli elettori si doveva tentare di tutto. Ma di fronte agli errori commessi, emersi anche in queste ore, non si poteva più andare”.
Orfini: “Mancata la politica”
Orfini rimarca che, al di là della vicenda degli scontrini sui quali “le valutazioni le farà la magistratura, il suo errore è tutto in quello slogan elettorale: ‘Non è politica, è Roma’. Questo è mancato, un progetto di città. È mancata la politica”.
“Il Pd ha fatto il possibile, ora risolverà rapidamente i problemi della città. In tempo per il Giubileo. Roma si trova nella stessa situazione di Milano prima dell’Expo: replicheremo quel miracolo. Di questo si parlerà tra sei mesi”. Quindi afferma che per le elezioni “non abbiamo timori. Cambieremo i sondaggi. E il giorno dopo il voto la destra e i grillini commenteranno la loro sconfitta”.
Primarie sì, primarie no
“Sto molto bene vado a celebrare un matrimonio”. Sono queste le prime parole di Marino dopo le dimissioni annunciate ieri sera. Il sindaco, che ha smentito le ricostruzioni fatte dalla stampa che lo ritraevano pronto a “fare i nomi” per vendicarsi di chi lo ha silurato, ostenta serenità. Sel, alleata del Pd in Campidoglio, lascia aperto un piccolo spiraglio: “Marino può andare avanti se cambia rotta”. Cosa impossibile visto che il sindaco è stato sfiduciato dal suo partito. Il Pd per l’appunto, guarda già al futuro. Il primo nodo da sciogliere riguarda le primarie. Il premier ai fedelissimi ha confessato di essere pronto a negarle e ad imporre un suo nome. Ma la minoranza Pd fa muro. “A Roma si è consumata una profonda rottura tra città e Pd. Le primarie saranno per me inevitabili per provare a ricostruire. Non possono bastare decisioni calate dall’alto. È indispensabile ripartire dalla nostra gente” afferma Roberto Speranza, della minoranza Pd. Già la gente. Il popolo di Roma è stanco di aspettare. Vuole un cambiamento. Perché ora, come ha sottolineato in un duro editoriale L’Osservatore Romano, nella Capitale ci sono solo “macerie”.