E’ inutile dirlo, è l’argomento ormai più in voga degli ultimi mesi, da quando a luglio Renzi a sorpresa annunciò l’intenzione di abolire la TASI per tutti, prima, dopo la riforma del governo Letta, in realtà se ne era parlato molto poco.
Abolizione TASI, la tassazione italiana sugli immobili è inferiore a quella di Francia e Regno Unito
Come il report dell’Agenzia delle Entrate su dati OCSE rileva l’Italia non è il Paese in cui la tassazione sugli immobili è più alta:
Sono dati del 2012, dopo l’aumento della tassazione per la reintroduzione dell’IMU, dopo non vi sono stati molti cambiamenti. Ebbene, in percentuale sul PIL, la tassazione è al 1,5%, contro il 2,6% della Francia e il 3,4% del regno Unito, anche il Belgio ci supera come abbiamo visto anche nella nostra infografica sulle patrimoniali in Europa.
Tra l’altro in queste statistiche sono incluse le seconde case, che nel nostro caso incidono molto, mentre il tema dell’abolizione della TASI riguarda le prime.
Abolizione TASI, anziani, statali, pensionati i propietari di casa in Italia
Ma chi è più beneficiato dall’abolizione dell’imposta sulla prima casa? Come questo può aiutare i consumi e la crescita?
L’ultimo report della Banca d’Italia del 2014 sui bilanci delle famiglie italiane, con riferimento al 2012 (ma da allora su questi temi la situazione è cambiata pochissimo), mostra molto chiaramente che la proprietà della casa non è distribuita in modo equo, tutt’altro
Se consideriamo la condizione del capofamiglia, inteso come colui o colei che percepisce il reddito maggiore, osserviamo che ad avere la casa di proprietà sono soprattutto quelle famiglie con capofamiglia più anziano, tre quarti degli ultra 55enni è proprietario, contro il 45% degli under 34.
Inoltre più del 75% dei laureati e dei lavoratori del servizio pubblico. Come vediamo bene nella seguente tabella:
Le differenze maggiori poi sono relative alla professione, se tra i dirigenti sono l’85% i proprietari, sono solo il 47,5% tra gli operai, e comunque sotto il 50% tra i non occupati.
Abolizione TASI: il 91% del 20% più ricco ne beneficerà
La differenziazione più importante, però, è chiaramente in base al reddito familiare.
Qui la discrepanza è impressionante: solo il 34,7% del 20% più povero ha una casa di proprietà, contro il 91,3% del 20% più ricco.
Man mano che il reddito aumenta, aumenta anche il tasso di proprietà della casa:
Non vi sono invece enormi differenze, nè di sesso del capofamiglia, nè geografiche tra Nord e Sud, e neanche nell’ampiezza del comune.
Vi è invece per l’ampiezza dell’appartamento. I grandi alloggi oltre i 100 metri quadri hanno una probabilità superiore all’80% di essere di proprietà, mentre bilocali e monolocali sono più facilmente in affitto, o sotto altra forma (per esempio case popolari).
E’ quindi evidente che questa politica beneficerà in maniera assolutamente non trasversale i segmenti in cui è divisa la popolazione italiana, con gli anziani, pensionati o dirigenti, tutti dai redditi alti, in testa tra coloro che trarranno i maggiori vantaggi, considerando anche che ora rispetto a un tributo medio di 300€ la maggioranza degli italiani in realtà paga meno di questa cifra (la mediana è inferiore) e il grosso del gettito viene dalla minoranza di ricchi che si colloca sopra, appunto quelli che abbiamo descritto poc’anzi.
Qui, dal Corriere della Sera, un riassunto delle tabelle di cui sopra con le categorie più interessate dalla proprietà della casa
Abolizione TASI: non servirà per la ripresa, neanche del settore edile
Come sottolinea un liberista come Michele Boldrin in realtà una mossa simile non porterà il vantaggio sperato in termini di ripresa economica. Non dal lato dei consumi, poichè è molto frammentata, fa risparmiare appunto in media 300€ annui, quindi circa 25€ mensili, molto meno dei famosi 80€ che già hanno prodotto effetti modesti.
In realtà neanche dal lato della ripresa dell’attività del settore dell’edilizia, quello più colpito dalla crisi economica, vi sarebbero effetti.
Un risparmio di 300€ annui di media, anche volendolo moltiplicare per n anni, avrebbe un limitatissimo se non nullo effetto nella domanda di case, che in media costano tra i 150 e le 250 mila euro, quindi molto volte di più, per esempio 20 volte in più anche in caso si volesse prevedere un risparmio di 300 euro per 30 anni (circa 9 mila€).
Il settore dell’edilizia poi soffre della stessa malattia di molti altri settori maturi e di produzione di beni durevoli: la demografia italiana lo condanna, per il calante numero di persone in età tale da comporre una famiglia, ora che anche l’immigrazione si è fermata, e per l’assenza di innovazione tecnologica intrinseca.
E del resto se anche vi fosse una innovazione tecnologica che portasse produttività in aumento e quindi crescita, porterebbe un calo del valore delle case, non un aumento, come avvenuto in tutti gli altri settori, per esempio le automobili.
La vera crescita può venire solo da una maggiore produttività dell’economia in generale, del lavoro in primis, da maggiore ricerca e sviluppo nella manifattura ma soprattutto nel terziario avanzato.
Tutti obiettivi che richiederebbero grossi investimenti in ricerca e un abbattimento della tassazione sulle imprese per favorire gli investimenti. Cosa che non può avvenire mettendo nelle tasche di un pensionato già ricco e privilegiato 400-500€ euro in più