Sono state la nostra ancora di salvezza nella crisi economica. Senza la forza delle esportazioni italiane verso il resto del mondo la recessione che ha colpito l’Italia dal 2008 a oggi a fasi alterne sarebbe stata molto peggiore.
Certamente un modello di crescita, o minore calo del PIL, basato solo sull’export ha portato a uno squilibrio nella nostra economia, con il Nord, dove le aziende esportatrici sono più presenti, molto meno colpito del Sud dalla crisi, tuttavia per lunghi anni è stato l’unico disponibile. Ora però le cose stanno cambiando
Esportazioni italiane in calo nel terzo trimestre
Una prosecuzione dell’aumento dell’export è alle basi del DEF (Documento Economico Finanziario), in cui è stato anche inserita la previsione di aumento del PIL dello 0,7% per il 2015 e del 1,4% per il 2016.
Come vediamo di seguito è stato immaginato che le esportazioni saliranno ancora di un altro 3,8% quest’anno e di un 4% l’anno prossimo contribuendo, se calcolate al netto delle importazioni, a un aumento dello 0,4% del PIL quest’anno. Ovvero la metà delle speranze di crescita dell’Italia sono dovute a questa variabile
Ebbene ci sono dei problemi, perchè gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT sembrano segnalare che il motore si è fermato, le esportazioni hanno rallentato e nell’ultimo trimestre, quello estivo, sono addirittura in calo.
Non conta tanto il dato che riguarda il confronto tra luglio e agosto, ma il confronto tra il terzo e il secondo trimestre, che vede un calo delle esportazioni italiane del 1,6%, trainate dal crollo dell’export verso le destinazioni extraeuropee, quelle che finora erano andate meglio.
Nel frattempo le importazioni aumentano dello 0,3%
Questo calo arriva dopo anni di aumento, come vediamo dalle curve dell’ISTAT, che anche per questo mostrano un’inversione di tendenza che non si può non notare
Esportazioni italiane: in crollo l’export in Russia e Asia
Cosa è successo? Non si tratta solo di una fisiologica diminuzione della bilancia commerciale a causa della ripresa delle importazioni trainate da dei consumi finalmente in aumento, ma proprio di un calo delle vendite delle aziende italiane all’estero.
Questo accade come abbiamo visto proprio con i Paesi extraeuropei, quelli verso cui l’export era salito maggiormente e riguarda i beni strumentali (-4,7%), quelli che più avevano arriso alle esportazioni italiane.
Vi è da dire che non sembra esserci una perdita di competitività italiana, visto che il commercio con la UE risulta in crescita, e certamente si tratta di un mercato concorrenziale, e forse comincia a farsi sentire il differenziale di inflazione tra l’Italia e altri Paesi forti, finalmente da noi il costo della vita è inferiore alla media europea infatti.
No, il problema sono gli shock esterni in Paesi che finora erano stati fuori all’Europa nostri buoni clienti.
Lo vediamo in questi dati ISTAT che confrontano le esportazioni italiane a settembre 2015 e 2014
In primo piano la Russia, con cui da alcuni anni abbiamo rapporti strettissimi, e che aveva visto le importazioni dall’Italia toccare i 10 miliardi nel 2013, ma che ora subisce le sanzioni UE, non a caso osteggiate in Italia da molte forze politiche, soprattutto del centrodestra.
Quest’anno il Paese di Putin soffre un crollo del PIL, del 4,6%, che si traduce in un calo delle esportazioni italiane del 24,4 tra settembre 2015 e settembre 2014, ancora di più se il confronto è tra i primi 9 mesi di quest’anno e dello scorso.
Un crollo del 17,5% anche delle esportazioninei Paesi OPEC, e quasi del 10% verso Cina, altro Paese in forte rallentamento.
Buone notizie solo dagli USA, con un aumento del 18,2% delle esportazioni italiane.
Tutto ciò accade in un momento di debolezza dell’euro nei confronti del dollaro, che però non si traduce in un vantaggio, vista anche la “guerra delle monete” tra i Paesi in cui ognuno, in primis i Paesi emergenti, vogliono indebolire a loro volta le proprie divise verso il dollaro stesso.
Vedremo ora se e come questo calo delle esportazioni italiane influenzerà la crescita del nostro PIL per quest’anno e il prossimo.
Dobbiamo abituarci ad aumentare la produttività ed i margini delle nostre imprese, irrobustirle, senza dipendere eccessivamente da panorami mondiali in veloce e costante mutamento.