Sondaggio Roma, come Marino potrebbe inguaiare il Pd alle prossime elezioni

marino a margine di una conferenza stampa in piedi con degli appunti tra le mani

Ignazio Marino ha definitivamente dismesso i panni del “marziano” per indossare quelli del martire. Sia di fronte ai magistrati – il sindaco dimissionario ha reso dichiarazioni spontanee per circa 4 ore lunedì – che di fronte ai cronisti, Marino ha respinto le accuse mossegli dalla stampa e dai gruppi di opposizione sulle sue spese di rappresentanza scaricando tutte le colpe sulle spalle del suo staff.

Secondo il legale del sindaco di Roma, Enzo Musco, infatti tutte le firme a suo nome in calce ai giustificativi “non sono autentiche” e alcuni sarebbero state addirittura firmati quando Marino “era all’estero”. Se la giustificazione del sindaco può avere rilevanza dal punto di vista penale, non la ha dal punto di vista politico perché la toppa pare quasi peggiore del buco. Infatti, se la difesa di Marino venisse confermata darebbe l’idea di un sindaco che non riesce a controllare l’operato neppure dei suoi più stretti collaboratori.

Marino e quel termine di 20 giorni per le dimissioni

Certo è che la strategia del sindaco di Roma può essere inserita a buon diritto nella sterminata e tutta italica casistica del “chiagni e fotti” di montanelliana memoria. Sì, perché se all’estero basta aver copiato parte della tesi di laurea o essere entrati in un pub con un sigaro acceso (come successe qualche anno fa al ministro della Cultura gallese Glyn Thomas) per rassegnare le dimissioni, in Italia no. Qui si aspettano le sentenze della magistratura e spesso non bastano neppure quelle. In Italia l’opportunità politica o non vale o si applica solo ai nemici.

Così l’ex “marziano” Marino rilancia: non lascio, dice. “Come prevede la legge, ho 20 giorni per fare opportune riflessioni e verifiche sulle mie dimissioni” ha minacciato ieri in conferenza stampa rinfrancato, pare, dal lungo colloquio avuto lunedì con i magistrati romani che per ora hanno aperto un fascicolo “modello 45” cioè contro ignoti e senza alcuna ipotesi di reato. Il sindaco ha tempo fino al 2 novembre per ritirare le dimissioni.

Marino resiste e rilancia. Secondo alcuni retroscena giornalistici vorrebbe addirittura verificare in aula “se ci sono ancora le condizioni politiche per continuare” mettendo così il suo partito di fronte alla pesante responsabilità di sfiduciarlo pubblicamente e quindi – come dice il sindaco stesso – di “restituire Roma al malaffare”. Sel non è contraria in partenza anche se ieri Nichi Vendola ha frenato sull’ipotesi di una nuova giunta, mentre il Pd romano è spaccato. Come riporta Il Fatto Quotidiano ieri il Presidente Matteo Orfini ha riunito al Nazareno i 19 consiglieri democratici e molti di loro, tra cui il capogruppo Fabrizio Panecaldo, avrebbe detto no a possibili mozioni di sfiducia.

Sondaggio Roma, Emg per Tg La7

Intanto secondo il sondaggio di Emg per La7 mandato in onda al Tg delle 20 di ieri, ad oggi se Marino decidesse di candidarsi alle prossime comunali con una lista civica propria (data al 9%), il Pd non arriverebbe nemmeno al ballottaggio contro il Movimento 5 Stelle e un centro-destra unito guidato da Alfio Marchini. Tutto ancora molto ipotetico certo (Marchini piace molto anche a Matteo Renzi) ma il sondaggio fotografa in maniera perfetta il momento tragico che sta vivendo il Pd romano.

Sulle dimissioni del sindaco è intervenuto in mattinata anche il prefetto di Roma Franco Gabrielli, cioè colui che dovrà nominare formalmente il commissario della città. A margine di un incontro pubblico, il prefetto ha rivelato di aver incontrato nella giornata di ieri il ministro dell’Interno Alfano con cui ha fatto “alcune considerazioni” che ad oggi “sono premature” perché bisognerà vedere “se il 1 novembre il sindaco avrà ritirato le dimissioni”. “Se il sindaco dice ‘sto riflettendo’ – ha concluso Gabrielli – non è che il prefetto dice ‘ho il commissario’. Sarebbe un’ingerenza indebita”.

Orfini critica le ultime nomine di Marino

Pur dimissionario il sindaco di Roma Ignazio Marino ha firmato le nomine dei tre consiglieri d’amministrazione della Fondazione Musica per Roma: Aurelio Regina, nominato presidente, Azzurra Caltagirone e lo spagnolo Josè Ramon Dosal Noriega. Orfini critica apertamente il sindaco Marino richiamando la “guerra ai poteri forti” a cui il primo cittadino della Capitale si è più volte rifatto in queste settimane di aspre polemiche.

Giacomo Salvini

@salvini_giacomo