Da Parigi – A 10 anni di distanza, nulla sembra essere cambiato. Le famigerate banlieues parigine del nord, le periferie collocate nel dipartimento Saine Saint-Denis (93), continuano ad essere un microcosmo sociale dove povertà, criminalità ed estremismo scandiscono la vita di quartiere e nel cuore delle cités, i palazzoni divenuti simbolo del degrado. Il 27 ottobre 2005, nel comune di Clichy-sous-Bois, i giovanissimi Zyed e Bouna, di ritorno da una partita di calcio, trovarono la morte fulminati all’interno di un trasformatore della compagnia elettrica pubblica EDF perché spaventati dall’avvicinarsi di una vettura della polizia. La tragedia dei due ragazzi scatenò la collera degli altri abitanti del quartiere, che per tre settimane misero a ferro e fuoco l’area costringendo il governo ad un dispiegamento speciale delle forze dell’ordine.
Proprio in quei giorni, l’allora Ministro dell’Interno Nicolas Sarkozy prometteva alla popolazione di “Togliere di mezzo la racaille“, come viene chiamata la “feccia”. La frattura con le Istituzioni dello Stato era compiuta: dieci anni dopo, le banlieues sono costantemente sotto la lente d’ingradimento dei media – anche stranieri, come testimonia la famosa espressione “no-go zone” usata dal canale americano Fox News -, ancor di più dopo gli attentati a Charlie Hebdo e la crescita del radicalismo religioso.
Banlieues: territori dimenticati dalla sinistra
Dopo la politica del “pugno di ferro” di Sarkozy, che ne è della gestione del problema periferie? Il Partito Socialista di François Hollande rappresentava un’alternativa (o una speranza?) per dei territori martoriati dalla depressione economica, dato che gli abitanti di Clichy-sous-Bois, Bobigny e altre municipalità dello stesso Dipartimento avevano votato in massa il “Presidente Normale” nel 2012, mediamente oltre il 70%.
Come conferma Le Monde, da allora la spirale della diseguaglianza e della precarietà sociale non si è affatto chiusa, dal momento che il 45% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e il 35% dei disoccupati non possiede una qualifica professionale. L’immagine delle periferie ricavata dall’esterno può essere sintetizzata attraverso un sondaggio pubblicato da Le Parisien lo scorso 25 ottobre, secondo il quale il 79% dei francesi interpellati qualificano il mondo delle banlieue come “Povero“, “Mal gestito” e “Comunitarizzato“.
Banlieues: lo spettro del Front National
Il comunitarismo, in particolare quello di matrice musulmana, è un fenomeno sul quale l’opposizione al governo socialista pone l’accento da mesi, ben prima dei fatti del 7 gennaio. Il Front National di Marine Le Pen ha costruito le proprie fortune elettorali proprio sulle difficoltà di integrazione dei “nuovi francesi” immigrati di ultima generazione, attratti dalle sirene dell’integralismo e incapaci, secondo i frontisti, di adattarsi ai principi laici della Repubblica. Nonostante le recenti visite di Hollande a La Courneuve e del Primo Ministro Manuel Valls a Mureaux, quest’ultima condita dalla promessa di un “giro di vite nei confronti di quei sindaci che rifiutano di costruire alloggi popolari“, tra il PS e l’elettorato popolare si è creato un solco che alcuni, proprio in seno alla Sinistra stessa, sembrano giudicare ormai incolmabile.
“Le cose sono molto più difficili oggi“, ha dichiarato alla radio RTL il deputato socialista Malek Boutih, ex leader di SOS Racisme, “Ora questi quartieri producono non più solo dei ribelli, ma dei terroristi (…) Questi quartieri sono la spia di un’evoluzione generale della società (…) sviluppo della violenza, individualismo, perdita di riferimenti (…) La mia paura non è che la Sinistra perda nel 2017, ma che a perdere sia la Repubblica. E allo stato attuale non vedo come Marine Le Pen non riesca a vincere le Presidenziali“.
Niccolò Inches