Agenzia delle Entrate, Renzi prepara un futuro senza la Orlandi
La colpa di Rossella Orlandi, direttrice dell’Agenzia delle Entrate, sarebbe stata quella di essersi voluta mettere troppo “sotto i riflettori”, fornendo il pretesto ai detrattori del governo per accusare il Pd di essere tollerante e morbido nei confronti degli evasori fiscali. Le critiche mosse dalla Orlandi alla depenalizzazione fiscale sotto il 3%, soglia al di sotto della quale non sono punibili fatture relative a operazioni finanziarie inesistenti, e alle nuove regole sulle dichiarazioni fraudolente non hanno lasciato indifferente l’ala renziana del Pd. Critiche che sarebbero quanto mai lontane dalla realtà, stando alle parole pronunciate ieri dal premier Matteo Renzi al Forum economico Italia-Perù davanti a circa duecento imprenditori: “Solo nell’ultima settimana abbiamo scoperto 220 mila contribuenti che si erano dimenticati di pagare le tasse e, grazie all’incrocio dei dati, con un click del computer, gli abbiamo chiesto: per cortesia, potresti ricordarti di pagare? – prosegue Renzi sottolineando come l’attenzione verso i big data porti a un cambiamento radicale nella lotta all’evasione – Mentre prima si mandavano i finanzieri con il mitra davanti ai negozi, dando un’immagine terrificante per i consumatori e soprattutto senza risultati”. Nell’intervento di Renzi non vi è però nessun riferimento alla richiesta di dimissioni avanzata da Enrico Zanetti, sottosegretario all’Economia e segretario di Scelta Civica, nei confronti della Orlandi in un intervista rilasciata a Repubblica.
Il cambiamento di Padoan
L’ultima stangata all’Agenzia delle Entrate arriva dalla decisione del Governo di alzare la soglia del contante a 3000 euro, commentata così dalla direttrice Orlandi: “Le agenzie fiscali rischiano di morire, rimangono in piedi solo per la dignità delle persone che ci lavorano”.
E pensare che solo un anno fa il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, elogiava l’abbassamento della soglia del contante come una modalità necessaria a far luce sulle economie sommerse e a migliorare la tracciabilità delle transazioni, posizione ampiamente sostenuta dalla Orlandi. Oggi invece, appellandosi al sacrosanto diritto di cambiare idea, quello stesso ministro smentisce un legame diretto tra denaro contante ed evasione, dando il via libera a qualunque tipo di pagamento fino ad un massimo di 3.000 euro in cash.
Orlandi come Marino
La tesi della Orlandi, che vede nella legge di stabilità 2016 un passo indietro sulla lotta all’evasione, trova man forte nella parte bersaniana del Pd, motivo in più per essere presa di mira. L’obiettivo che evidenzia Renzi da Lima è quello di rientrare “nei ranghi dei ruoli tecnici” e lasciar fuori l’opposizione politica. Il caso Marino insegna quanto labili siano gli equilibri politici interni al partito di maggioranza, ma c’è una minoranza interna al Pd che sta cercando di scardinare quella dinamica per cui o si plaude al pensiero di partito o si esce. Anche su questo punto Renzi si fa trovare pronto, dimostrando di conoscere tutte le ombre che gravitano intorno al Governo: “Discutiamo di tutto – conclude il premier prima di lasciare il Perù – ma invito gli amici del Pd a guardare a cosa è successo in Polonia. Deve essere chiaro che dopo il Pd non c’è la sinistra. Se falliamo noi arriverà il populismo duro e puro”.
E per alcuni queste ultime affermazioni suonano proprio come un aut aut.