Che fine farà Silvio Berlusconi?
L’ex presidente del Consiglio, ex Cavaliere, ex parlamentare dalla Repubblica ora decaduto, ineleggibile ed interdetto dai pubblici uffici, sembra scomparso dal proscenio del dibattito politico, relegato già come terzo, prima che ciò venga certificato dalle elezioni di domenica. Nei programmi di informazione delle reti Mediaset, invece, Berlusconi, con lunghi monologhi, lancia appelli ai suoi elettori, mentre i giornalisti suoi dipendenti spiegano allo spettatore/elettore come votare Forza Italia.
Dai microfoni delle sue aziende, Berlusconi continua, dunque, a ripetere un mantra surreale che, tuttavia, farà ancora breccia su una porzione abbastanza consistente dell’elettorato. Promette di portare le pensioni minime a €800,00 (gli italiani, del resto, non ricordano che non è ancora stata mantenuta la promessa, del lontano 2001, di alzarle al milione di lire), accusa i tedeschi di aver rimosso il passato nazista (la Germania, al contrario, può ben insegnare agli italiani come fare i conti con la Storia), scarica, senza pudore, la responsabilità dell’austerity sul socialista Martin Schultz (quando è stato innanzitutto il Partito Popolare di Merkel, di Juncker, presidente dell’Eurogruppo, di Barroso, del presidente della Commissione –e di Silvio Berlusconi- a sostenere queste politiche disastrose), si dice vittima di un colpo di stato ordito da un non meglio precisato nemico straniero (mentre le dimissioni da Palazzo Chigi sono arrivate perché la maggioranza parlamentare del 2008 s’era dissolta, nonostante gli acquisti di Razzi e Scilipoti) e, soprattutto, rispolvera la vecchia favola della minaccia comunista che, inspiegabilmente, nell’Italia con la sinistra più moderata d’Europa, continua a catalizzare attenzioni e paure.
Berlusconi è consapevole di avere perso appeal, subisce l’emorragia di voti che gonfiano il Movimento 5 Stelle eppure sa che esiste uno zoccolo duro da cui non verrà abbandonato. Questi elettori non hanno bisogno di fatti, vivono in un eterno presente in cui contano soltanto le parole d’ordine –riduzione delle tasse, aumento delle pensioni, difesa della libertà dai comunisti statalisti- che Berlusconi, pateticamente, continua a ripetere. Ernesto Galli Della Loggia ha scritto che i moderati “si tengono lontano dalla politica perché troppo spesso non riescono a comprenderne né il senso né il valore. […] La politica è vista solo alla stregua di un’utilità come tante altre: da usare e di cui approfittare per fini personali” (La diaspora della destra, Corriere della Sera, 24 aprile 2014).
L’ex premier è un personaggio tragico, per cui, talvolta, si arriva anche a provare sincera compassione: circondato da consiglieri senza spessore, pur di vendere se stesso, plasticamente uguale da vent’anni, nella forma e nei contenuti, continua a raccontare favole. Forza Italia non è stata (né verrà) espulsa dal PPE perché tutti i conservatori europei sanno che Berlusconi è innocuo, fa la voce grossa contro l’Europa e la Germania per mobilitare ciò che resta del suo tradizionale elettorato ma, una volta a Bruxelles, gli europarlamentari berlusconiani voteranno tutto insieme coi parlamentari della Merkel. Non esistono, dunque, né freni inibitori né logica: la sopravvivenza (politica) del vecchio leader dipende, esclusivamente, da quanti, nonostante la concorrenza di Grillo e il pragmatismo di Renzi, risponderanno, ancora, all’ennesima chiamata.
Andrea Enrici