Dopo la sentenza della Corte Costituzionale della Thailandia – confermando le accuse che volevano la premier Yingluck Shinawatra colpevole di abuso di potere (nel 2011 aveva “fatto fuori” il capo del Consiglio di Sicurezza nazionale per dare il posto a un suo fedelissimo) ne ha disposto la destituzione – dalle parti di Bangkok la situazione è diventata tesa.
Yingluck – ennesima erede della potente “dinastia” di Thaksin Shinawatra – salita al potere proprio all’epoca dei fatti che ne hanno poi determinato la ”fine politica”, aveva governato senza particolari problemi fino alla fine dello scorso anno quando con un colpo di mano notturno il suo governo tentò di far passare anche al Senato una legge di amnistia grazie alla quale suo fratello Thaksin (fuggito all’estero perché accusato anche lui di “abuso di potere” per fatti risalenti al suo periodo di governo), e migliaia di uomini d’affari con carichi pendenti per corruzione, sarebbero stati perdonati e i loro beni sequestrati restituiti.
Dopo il tentativo di far approvare la legge ad personam le opposizioni si scatenarono in piazza ma, in sostanza niente cambiò e, alle elezioni del Febbraio scorso, il partito della Shinawatra vinse le elezioni che però in seguito vennero annullate in mancanza del quorum parlamentare (le opposizioni boicottarono le votazioni): nonostante questo Yingluck formò un governo transitorio per traghettare il paese a nuove elezioni in Estate; il suo progetto è stato interrotto dalla decisione della Corte Costituzionale.
Il governo, una volta “caduta” Yingluck, è passato nelle mani del vice-premier Niwattumrong Boonsongpaisan ma, dopo i 28 morti e le centinaia di feriti causati dagli scontri tra le opposte fazioni (le opposizioni si aspettavano le dimissioni dell’intero esecutivo, le camicie rosse attaccavano i cortei antigovernativi), i vertici dell’esercito, hanno deciso di dispiegare le proprie forze nelle strade principali della capitale, imporre la legge marziale e (in base a una legge del 1914 che darebbe questi poteri all’esercito in caso di “crisi”) censurare i media: in questo momento vengono trasmesse immagini “patriottiche” e, a rotazione, un messaggio video che invita a “mantenere la calma, niente panico”.
“Non è un colpo di Stato” si è affrettato a confermare il capo di Stato Maggiore, il generale Prayuth Chan-ocha (anche se l’esercito dalla fine della monarchia assoluta nel 1932 è stato autore di 18 golpe: 11 riusciti, 7 sventati); l’intervento dell’esercito è volto solo al mantenimento della pace e alla preparazione delle elezioni che con molta probabilità slitteranno ai primi di Agosto, tuttavia, in questo momento tutti i poteri della nazione sono nelle mani dei militari
I capi delle fazioni opposte, anti-governativi e “camicie rosse” sostenitrici della famiglia di Thaksin, sono stati invitati a “non marciare” pur se verrà permesso di continuare le proteste, purché pacifiche: a quanto pare la vita quotidiana dei thailandesi non è stata scossa più di tanto, le scuole, gli uffici, le strutture turistiche continuano a funzionare regolarmente.
Guglielmo Sano