L’era di Matteo Renzi e la politica in mano ai tecnici (di nuovo)
“Fare politica non è quella cosa obbrobriosa che ci hanno raccontato, ma provare a mettere nella vita di tutti i giorni entusiasmo”, di più, “dopo anni di ubriacature da soluzioni tecniche e tecnocratiche è il momento che la politica torni a fare il suo mestiere”. A parlare con questi toni era il presidente del Consiglio Matteo Renzi, qualche tempo fa, a seguito della buona affermazione politica del suo Pd alle elezioni europee. Il premier metteva in guardia da una gestione unilaterale dell’interesse politico troppo spesso affidato a soluzioni di natura tecnica (prefetti, commissari, specialisti, tecnici), propugnando invece un ritorno alla “politica fatta dai politici”.
La politica di Renzi oggi
Quello che la gestione politica del potere da parte dell’Esecutivo a guida Renzi oggi sembra invece mostrare più chiaramente, con buona pace degli intenti citati in precedenza, è un ipertrofico ritorno alle figure professionali specifiche all’interno di tutti i settori di maggiore influenza nazionale, quali la vita civica e la gestione delle funzioni economiche e finanziarie statali. Dall’Expo di Milano al Giubileo di Roma, passando per l’organizzazione delle prossime elezioni amministrative regionali e l’approvazione di articolati di legge importanti in Parlamento, sembrerebbe proprio che la politica, quella che un tempo veniva eletta a suffragio, stimolata dal cittadino, cullata da ideali di pensiero forti e marcati e garantita dalla rappresentanza dei partiti, oggi, sia diventata un pallido ricordo da cartolina.
“Prefetti perfetti”, tecnici e super commissari
Dopo le travagliate vicende del Governo Monti, primo grande fautore della poetica tecnocratica al potere in nome del salvataggio economico nazionale, e la parentesi di Enrico Letta, anche l’onda riformatrice di Renzi parrebbe essersi adeguata alla ricerca infinita del tecnico migliore o del “Prefetto perfetto”: si vedano i casi del neo commissario Tronca a Roma o di Sala per la sovrintendenza di Expo a Milano, ma volendo andare un po’ più indietro nel tempo anche di Cottarelli alla revisione della pubblica spesa e di Raffaele Cantone all’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac). Insomma l’appartenenza alla classe politica e perché no anche ad un determinato schieramento di tradizione ideologica non sembra rendere più alcunché.
Quali scenari per il Pd?
Stretto all’angolo dalle nuove incombenze organizzative per cercare di far sorgere nuovamente dalle proprie ceneri un Pd capitolino fortemente indebolito dalle recenti bufere giudiziarie e amministrative, il segretario Renzi dovrà gioco forza tornare sulla scena dell’agone politico cercando quantomeno di limitare i danni e di proporre un modello di sviluppo e gestione della cosa pubblica commissariale, “il Dream Team per Roma” di cui Tronca è soltanto un tassello, che, su altre frequenze non paragonabili, ha comunque già funzionato a Milano. Parallelamente, un delicato passaggio parlamentare della legge di Stabilità in queste ore potrebbe segnare inevitabilmente il guado e rappresentare una buona cartina al tornasole per lo stato di salute organico del Partito di maggioranza relativa.
Riccardo Piazza