Ieri Beppe Grillo aveva lanciato l’allarme sulla legge elettorale. Secondo il leader del M5S, il Pd vuole cambiarla per non far vincere il Movimento alle prossime elezioni. Ma il premier Matteo Renzi, intervistato da Bruno Vespa nel suo libro “Donne d’Italia“, ribadisce di non aver intenzione di modificarla anche se, precisa, nessuno nel Pd ha “totem ideologici”. “Questa legge elettorale, grazie ai ballottaggi – spiega – garantisce la certezza della vittoria. I candidati nei collegi dovranno tornare a guardare in faccia gli elettori, mentre prima veniva eletto il numero 27 di una lista che nessuno, magari, aveva mai visto. A dimostrazione che prima di oggi il sistema non ha mai funzionato, ci sono 63 governi e 27 presidenti del Consiglio in meno di settant’anni”.
Legge elettorale, Renzi: “Premio a lista? Non è totem”
“La legge – obietta Vespa – premia una lista che può vincere anche con pochi voti. È vero che state ripensando alla possibilità che il ballottaggio si faccia tra coalizioni? Non ci sto ripensando. Io preferisco il premio alla lista. È più logico, è in linea con il partito a vocazione maggioritaria, che è la natura del Pd. Poi è ovvio che non abbiamo totem ideologici. Nessuna legge da sola garantisce la governabilità. È il sistema politico che deve farlo”.
Renzi: “Gli addii Pd? Non mi preoccupano”
Gli addii di oggi non lo preoccupano. “All’interno del Pd – dice il segretario – presidente – c’è un grande spazio ideologico e culturale per la sinistra, ma gli esponenti della minoranza devono liberarsi della logica di parlar male l’uno dell’altro. Fuori di qui non vedo spazi. Pensi alla Grecia, per esempio. Volevano la rivoluzione, adesso sono campioni di riformismo: il governo di Alexis Tsipras è il secondo governo più riformista d’Europa, dopo il nostro. In Polonia si sono confrontati al ballottaggio la destra e l’estrema destra. Nel Regno Unito, i laburisti di Ed Miliband non hanno toccato palla. E non credo che la musica cambierà con Corbyn. In Francia, nei sondaggi i socialisti sono al terzo posto, quindi fuori anche dai ballottaggi. In Germania, Angela Merkel è contestata da destra, certo non impaurita dai socialdemocratici che per il momento risultano non pervenuti. Se fossi un dirigente della sinistra italiana, mi preoccuperei di costruire bene il Pd, non di minacciare scissioni. Farlo significa non aver letto un giornale europeo da almeno un anno. Trovo, per esempio, in Gianni Cuperlo un ragionamento serio su qual è lo spazio per una sinistra che voglia mantenere gli ideali della giovinezza in un mondo che cambia. Meno serio è l’atteggiamento di chi ogni giorno cerca un’agenzia di stampa per una chiosa contro il governo”.