Articolo pubblicato da Daniele Errera il 6 novembre 2015.
La Sardegna e l’Abruzzo hanno varie terre incolte, vero? Bene, potrebbero essere zone destinate ai migranti. Firmato Beppe Severgnini, redattore de Il Giornale e scrittore. Un’idea insolita quanto suggestiva che si appresta ad essere criticata da varie parti politiche e associative. Beppe Severgnini parla dalle colonne del The New York Times e parte da uno dei domini più estesi della storia dell’umanità, l’impero romano. Considerando come i domini romani includessero anche popolazioni esogene alla tradizione romana, la penna di Crema si rifà alla cosiddetta “centuriatio, la pratica cioè di organizzare il terreno agricolo in appezzamenti regolari da assegnare a ex soldati per la colonizzazione del territorio”, al fine di “non far abbandonare alla pigrizia” gli ex militari. E la stessa cosa, secondo Severgnini, la si deve fare con i migranti, in quanto “hanno le giuste qualità”.
La proposta dello scrittore Beppe Severgnini
“Potrebbero integrarsi nelle società rurali del centro Italia e della Sardegna, in quei villaggi che vanno spopolandosi anno dopo anno. Potrebbero prendersi cura del territorio e imparare dagli indigeni i mestieri della tradizione. Le differenze culturali, si dice ottimisticamente, verrebbero superate senza troppe difficoltà: d’altronde in Italia meridionale ci sono ancora comunità che parlano greco ed albanese”, scrive Giovanni Masini dalle colonne de Il Giornale, stesso quotidiano per il quale lavora Severgnini. In questa visione antropologica dell’immigrazione, Severgnini riflette sulla possibilità di un’ulteriore distribuzione dei migranti tra nord e sud d’Europa. Nel meridione i lavoratori poco specializzati, nel settentrione (Germania ed intorni) i migranti con un’istruzione maggiore. Una stramba idea che farà parlare di sé nei prossimi mesi, quando l’emergenza profughi sarà ancora maggiore.
Daniele Errera