I Democratici di Sinistra sono ‘defunti’ da quasi 10 anni, ormai, ma non i suoi guai finanziari. Sono stati erogati, infatti, 107 milioni di euro da parte dello Stato per i vecchi debiti dei DS accumulati quando L’Unità imboccò la dura crisi che l’ha portato poi al fallimento.
La crisi economica de L’Unità
Quando L’Unità, il giornale fondato da Gramsci e da poco ‘rifondato’, imboccò la scura strada della crisi economica, i Democratici di Sinistra fecero di tutto per cercare di salvarlo, con i dirigenti del Partito che si fecero in quattro per assicurare il pagamento del dovuto alle banche. Alla fine non ci riuscirono completamente, lasciando un buco di 125 milioni di euro. Questo buco è stato coperto dallo stato per 107 milioni, erogati alle banche, come prescritto da una norma votata nel 1998 e proposta dal partito allora guidato da Ugo Sposetti, che allargava la garanzia dello Stato sui debiti degli organi di partito (come l’Unità, appunto), una norma che già allora pareva scritta esattamente per la crisi del giornale. Qualche anno dopo, poi, sempre i DS proposero ed approvarono una nuova norma che stabiliva che i partiti avrebbero continuato a ricevere i rimborsi elettorali anche nel caso in cui la legislatura sarebbe finita prematuramente. Così, quando nel 2008 cadde il governo Prodi e nello stesso anno i DS fondarono, insieme a La Margherita, il Partito Democratico, i DS continuarono a ricevere fondi, in parte usati per ripianare i debiti con il nuovo Partito estraneo ai debiti contratti dal ‘defunto’ soggetto politico. Non è la prima volta che lo Stato è costretto a ripagare i debiti dei partiti: successe già nel 2003, quando furono pagati i debiti dell’Avanti! per 9 milioni e mezzo.
“Il debitore è morto. Se il debitore muore, che succede? Ci sono le norme e in questo caso un magistrato civile ha detto “guarda, signor Stato, che devi pagare tu…”“, spiega Ugo Sposetti, presidente della fondazione DS ad Emanuele Bellano di Report in un’intervista di qualche mese fa. Il giornalista, poi, gli fa notare proprio la legge del 1998 che metteva lo Stato a garanzia dei partiti, e l’ex segretario rispose: “Quindi che vuol dire? Che sono stato bravo! Una società mi avrebbe dato tanti soldi per fare questo lavoro…“. Sposetti è stato bravissimo anche a nascondere le ricchezze immobiliari del vecchio PCI: prima della caduta dei DS, infatti, Sposetti intestò le varie proprietà immobiliari alle federazioni provinciali, ora diventate per lo più fondazioni, indipendenti dall’organo centrale e, di conseguenza, non pignorabili dalla magistratura. Una ricchezza che, ancora oggi, viene mantenuta preziosamente mentre gli italiani sganceranno il malloppone.
Francesco Di Matteo