No, non è vero che l’economia italiana va ormai meglio di quella degli altri Paesi, e neanche nel 2016
Su un fatto non c’è dubbio, il governo italiano è riuscito a migliorare le proprie performances in un campo in realtà molto importante oggi: la comunicazione. Forse mai come oggi un governo in modo così concorde e coordinato, in particolare tra premier e ministro dell’economia, ha così successo nel comunicare.
Poi però ci sono i dati.
L’economia italiana ha ripreso a crescere, ma sempre meno di quasi tutti i Paesi europei
L’economia italiana dunque crescerà del +0,8-0,9% nel 2015 e +1,3-1,5% nel 2016 secondo le stime delle maggiori istituzioni.
E’ certamente un passo avanti rispetto alla recessione che ci ha colpito nel 2008-2009 e poi dal 2011 al 2014.
Ma è tutto merito dell’Italia che così, come dice il ministro Padoan, ha cominciato a crescere più degli altri Paesi, o sta seguendo un trend europeo?
E come è messa nel 2015 e nel 2016 in confronto al resto d’Europa?
Le previsioni per l’economia italiana e quella degli altri Paesi europei per la crescita di quest’anno e del prossimo sono state fatte da tutti gli istituti internazionali naturalmente. Queste quelle della Commissione Europea e del Fondo Monetario Internazionale, fatte rispettivamente a novembre e ottobre 2015.
Commissione Europea:
FMI:
Per il 2015 secondo entrambe le fonti cresciamo meno di altri 24 Paesi della UE, e facciamo meglio solo di 3 altri Paesi, Grecia, Finlandia, Austria per la UE, di Finlandia, Grecia e Cipro per il FMI.
Certamente va meglio rispetto al calo del 2014, in cui eravamo ancora in recessione, e le speranze sono riposte nel 2016, in cui comunque per la Commissione Europea facciamo meglio solo di 6 Paesi su 27 con cui siamo nell’Unione, e nel caso di 3 di questi (Croazia, Francia e Cipro) la differenza è un misero 0,1% (1,5% contro 1,4%) e di 0,2% nel caso del Belgio.
Per il FMI ancora peggio. Solo Grecia e Finlandia faranno peggio del nostro +1,3%, visto che la media europea sarà del 2%, come del resto per la Commissione Europea.
Mettendo insieme le previsioni per il 2015 e il 2016 di quest’ultima, quindi le più ottimistiche per l’Italia, vediamo come si pongono rispetto a quelle per il resto d’Europa
Come si vede l’Italia è nel gruppo dei peggiori, si staccano Grecia e Irlanda, negativamente e positivamente, e in parte la Finlandia, ma l’Italia ancora non riesce a stare non solo nel gruppo di testa, ma neanche nel gruppone di mezzo.
La crescita italiana rimane quindi ancora deludente, a prescindere dalle narrazioni che la stagione renziana riesce a far passare almeno presso i media, se non la popolazione.
Gli occupati crescono di poco come l’economia italiana
E’ una questione di comunicazione anche il balletto di cifre sull’occupazione dopo il Jobs Act.
Da mesi ormai è polemica aperta sulla diffusione di dati INPS sull’aumento degli occupati in particolare a tempo indeterminato dopo il Jobs Act e sul confronto con quelli ISTAT, che sono gli unici tra l’altro riconosciuti internazionalmente, e che correttamente rilevano gli stock di occupati, tutti gli occupati, anche quelli a partita IVA, o gli interinali, a progetto, e stagionali. Mai era successo prima che un governo utilizzasse i dati dell’INPS e contrapponesse questi a quelli ISTAT.
Ma vi è una comodità in questo, poichè si può in questo modo, lasciando fuori partite iva e collaborazioni sporadiche, parlare solo di dipendenti e di contratti a tempo indeterminato, invece che di occupazione.
Così la notizia degli ultimi giorni è l’aumento nei primi 9 mesi dell’anno degli assunti a tempo indeterminato, che sarebbero 371 mila in più, come si vede dalla seguente tabella
Non si parla di occupati in più, anche se è facile possa passare questo messaggio, e probabilmente la cosa non dispiace al governo, ma di numero di persone assunte a tempo indeterminato, cresciuto rispetto all’anno scorso.
Se però vogliamo osservare i dati reali riguardanti tutta l’occupazione, dobbiamo guardare ai dati ISTAT pur e semplici in cui si contano gli occupati a fine settembre 2015 e a fine dicembre 2014:
Questi i dati, a dicembre
E a settembre scorso:
Come vediamo la differenza di occupati è di 123 mila persone, un dato ben diverso.
E ancora una volta molto inferiore a quelli spagnoli o portoghesi (in proporzione alla popolazione) o di altri Paesi usciti dalla crisi.
Una ripresa dell’occupazione che c’è ma è anch’essa deludente, in proporzione all’ampiezza della crisi subita.
Oggi sarebbe quindi giusto e sperabile non subire anche propagande ambigue e ingannatrici almeno dagli organi ufficiali di governo.