Ieri in Commissione Bilancio è arrivato un emendamento (a firma Ap) con una proroga delle concessioni per gli stabilimenti balneari. Subito è scattato l’allarme sanatoria spiagge, ma Ap ha fatto sapere che si tratta solo di un aiuto mirato a 200 piccoli imprenditori sull’orlo del fallimento, nei cui confronti le procedure di revoca o sospensione della concessione verrebbero congelate per ancora un anno “in vista della riforma del governo” attesa da anni.
Sanatoria spiagge, “Informazione sbagliata”
Riccardo Borgo, presidente del Sindacato Italiano Balneari aderente a Confcommercio, prova a spiegare meglio questa richiesta di aiuto: “Non vorremmo che, ancora una volta, un’informazione, che nell’occasione prende lucciole per lanterne, condizionasse negativamente la soluzione di un problema drammatico per la nostra categoria. Infatti bollare come maxi-sanatoria il tentativo che molti senatori, di tutte le forze politiche, stanno facendo in questi giorni proponendo emendamenti alla legge di stabilità per salvare poche centinaia di imprese dal baratro del fallimento o della revoca della concessione, è, quanto meno, un’informazione imprecisa”.
Sanatoria spiagge, il problema
“Il problema è noto – continua Borgo – e si trascina da anni. Dal 2007 le imprese che hanno in concessione beni incamerati devono pagare canoni pertinenziali calcolati con i valori Omi che hanno causato incrementi in alcuni casi fino al 3.000 per cento, cifre assolutamente non sostenibili. È dal 2008 che si cerca una soluzione ma, a fronte del riconoscimento, anche da parte di autorevoli membri del Governo, che la norma va cambiata perchè causa effetti devastanti, non si è ancora riusciti a riformare la materia e, purtroppo, nemmeno a trovare un rimedio che, nell’attesa della riforma, eviti almeno la morte di queste aziende. Ormai, purtroppo, il tempo sta per scadere e, in qualche caso, è già scaduto”. “Occorre, quindi, trovare subito con la legge di stabilità una soluzione – continua Borgo – che, almeno, sospenda per qualche tempo tutti i provvedimenti amministrativi e i relativi effetti che possono causare sospensione, decadenza o revoca della concessione per non aver pagato quella specifica tipologia di canone. Tentare di salvare 200/300 imprese, che sino al 2007 erano sane e produttrici di reddito per altrettante famiglie, dagli effetti di una legge riconosciuta sbagliata, credo sia un dovere di chi, parlamentare o ministro, è tenuto a salvaguardare l’economia del Paese e, nello specifico, il futuro di queste piccole imprese familiari. Questo chiediamo con forza al Governo e al Parlamento nella speranza di essere finalmente ascoltati”.