“La Francia è in guerra”. Queste le parole pronunciate con decisione dal presidente François Hollande davanti alla platea del Parlamento riunito in seduta comune. Quello di Hollande è stato un discorso fiero, pieno di volontà di difendere il suo popolo e di, più che vendicare le vittime del 13 novembre, fare in modo che tragedie del genere non si ripetano mai più.
Per questi scopi il presidente francese ha annunciato che adotterà tutta una serie di misure interne ed esterne – che vanno dalla creazione di cinquemila nuovi posti di lavoro all’interno dei corpi di polizia, alla sospensione dei tagli alla spesa militare fino al 2019 , all’aumento di quella pubblica, fino all’estensione dello stato d’emergenza nel paese per altri tre mesi – che comprendono anche una proposta di modifica della Costituzione. Gli articoli che Hollande vorrebbe revisionare sono il 16 – appartenente al Titolo II e riguardante i poteri del Presidente della Repubblica – e il 36, che invece rientra nel Titolo V e riguarda proprio i rapporti tra Parlamento e Governo.
“Da mercoledì il Parlamento può stilare un provvedimento per estendere lo stato d’emergenza ai prossimi tre mesi. La legge è degli anni ’50, ma noi dobbiamo modificarla per attualizzarla. Questi atti amministrativi ci permettono di procedere con le perquisizioni. Parlamentari, vi invito di votare questa legge. Dobbiamo agire d’urgenza”, queste le parole con cui Hollande si è rivolto ai legislatori francesi prima che tutti insieme intonassero la Marsigliese. Le opposizioni, comunque, per il momento sono rimaste scettiche di fronte alla proposta di revisione.
Previsto inoltre entro breve ed annunciato nello stesso contesto dal presidente francese un incontro con Obama e Putin. Intanto è intervenuto anche il premier Manuel Valls che, rispondendo alle sollevate questioni riguardanti i nuovi investimenti annunciati per combattere questa guerra che potrebbero non favorire la riduzione del deficit, ha affermato: “Gli impegni di bilancio europei della Francia verranno per forza oltrepassati”.
Francia, nuovi raid in Siria
Dopo la notte tra domenica scorsa e lunedì – quando sono state lanciate le primi bombe francesi su Raqqa – altri jet francesi hanno continuato la notte successiva a sferrare nuovi attacchi alla roccaforte siriana dello Stato islamico e nei suoi dintorni. La conferma è giunta attraverso un comunicato dello stato maggiore francese: “Per la seconda volta in 24 ore le truppe francesi hanno effettuato un raid contro l’Is a Raqqa in Siria”.
Gli obiettivi colpiti e distrutti sono stati un posto di comando e un campo di addestramento. Nel frattempo in Europa continuano le impegnate ricerche di Abdesalem Salah, l’ottavo uomo del commando terrorista degli attentati parigini; sono sulle sue tracce sia la Spagna che l’Italia, mentre il Belgio è riuscito a catturare Mohamed Amri, l’artificiere che fornì agli altri uomini dell’Is le armi e le cinture esplosive.
L’appello all’Occidente, ma non solo
Hollande per combattere questa guerra chiede l’aiuto e la solidarietà di tutti coloro a cui interessa sconfiggere il terrorismo: un messaggio del tipo, se nessuno è al sicuro allora siamo tutti coinvolti e chiamati ad intervenire. Un appello è stato infatti rivolto sia all’Occidente – quindi al resto dell’Unione europea e agli Usa – che all’Iran, alla Turchia, agli altri paesi del Golfo ed alla Russia. Il capo dell’Eliseo è arrivato inoltre a richiedere l’attivazione dell’articolo 42 del Trattato Ue, il quale prevede la “solidarietà'” di tutti gli Stati Ue davanti all'”aggressione armata a uno stato membro”.
Ma quali sono state finora le risposte a questo appello? Dal G20 di Antalya i leader mondiali hanno assicurato che “La Francia non è sola”, però per il momento il più disponibile per un intervento concreto sembra essere solo Vladimir Putin che ha cominciato un serrato dialogo con l’america. A questo proposito si è spinto meno oltre il presidente Usa Barack Obama che, limitandosi a dipingere l’Is come il “volto del male”, ha respinto l’ipotesi di inviare truppe di terra in Siria mentre molti governatori hanno addirittura rifiutato di accogliere altre rifugiati.
Dal fronte europeo un impegno è stato garantito dal primo ministro inglese David Cameron, il quale ha annunciato uno stanziamento di 2 miliardi per combattere l’Isis con investimenti in droni, forze speciali e aerei da combattimento. Meno slanci provengono, almeno per il momento, dal nostro paese, con il premier Matteo Renzi che non vuole “spaventare gli italiani” e rifiuta l’ipotesi di un conflitto, soprattutto se esso non coinvolge a pieno Russia e Usa. Intanto crescono per l’Italia l’allerta e le misure di sicurezza in vista del Giubileo, con il ministro degli Interni Angelino Alfano che ha dichiarato: “Nel comitato nazionale per la sicurezza e l’ordine pubblico presieduto dal presidente del Consiglio si è deciso di anticipare l’arrivo a Roma del contingente di 1.000 uomini delle forze armate previsti per il Giubileo. Proprio mentre parlo si sta avviando il dispiegamento immediato di 700 militari a cui si aggiungeranno le altre forze previste”. “Ogni aspetto di una possibile attacco aereo è stato studiato, sarà interdetto lo spazio aereo durante il Giubileo – ha poi aggiunto il ministro – E una attenzione particolare è stata rivolta al rischio di un attacco dall’alto, con droni”.