Nelle ore in cui la Francia di Hollande dichiara apertamente guerra all’ISIS, ottenendo anche l’appoggio militare dell’Europa, si moltiplicano in rete le testimonianze di chi è sopravvissuto all’attentato di Parigi di venerdì scorso.
Tra le più toccanti, quella postata sul proprio profilo Facebook da Antoine Leiris, la cui moglie Helene è tra le 129 persone uccise dalla furia dell’ISIS.
Parigi, la lettera
“Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, ma non avrete il mio odio”. Inizia con queste parole la lettera di Antoine agli attentatori: “Non so chi siete e non voglio saperlo, siete delle anime morte. Se questo Dio per il quale vi uccidete ciecamente ci ha fatto a sua immagine, ogni proiettile nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Allora no, non vi farò questo regalo di odiarvi, sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi volete che io abbia paura, che guardi i miei concittadini con diffidenza, che sacrifichi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa”.
Poi Antoine descrive sua moglie Helene: “L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era così bella, come quando è uscita venerdì sera. Bella come quando mi innamorai perdutamente di lei oltre 12 anni fa. Naturalmente io sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di breve durata. So che lei ci accompagnerà ogni giorno e che ci ritroveremo in questo paradiso delle anime libere a cui non avrete mai accesso” continua il giovane parigino che conclude “siamo due, io e mio figlio, ma siamo più forte di tutti gli eserciti del mondo. Ora non ho non più tempo da dedicarvi, devo raggiungere Melvil, che si risveglia dal suo pisolino. Ha 17 mesi appena, e deve fare merenda come tutti i giorni, poi andremo a giocare come tutti i giorni, e per tutta la sua vita questo bambino vi farà l’affronto di essere felice e libero. Perché no, non avrete mai neanche il suo odio”.
Francesco Ferraro