Popolari contro socialisti, ma anche europeisti contro euroscettici. Le elezioni europee sono alle porte e potrebbero riservare molte sorprese. Anche in Scandinavia, dove tra Danimarca, Finlandia e Svezia c’è tanto da tenere d’occhio. In palio 46 seggi.
La Svezia elegge 20 europarlamentari. Secondo i sondaggi, il Partito Socialdemocratico dovrebbe raccogliere circa il 25 per cento dei voti. Staccati i Moderati del primo ministro Reinfeldt, dati sopra quota 16 per cento. I Democratici Svedesi – fortemente critici nei confronti dell’Europa – sono su un 6 per cento più che sufficiente per conquistare per la prima volta un seggio a Bruxelles.
Ma soprattutto sarà curioso vedere chi resterà sotto la soglia di sbarramento del 4 per cento: potrebbe superarla il Partito delle Femministe e potrebbe farcela anche il Partito dei Pirati, comunque lontanissimo dal 7,1 per cento ottenuto alle europee de 2009. Sotto la linea di galleggiamento c’è invece il Partito di Centro, il malato più grave nel governo di centrodestra: 3,2 per cento secondo il sondaggio pubblicato dalla Sveriges Radio, un risultato che potrebbe decidere le sorti della leader Annie Lööf, da mesi sotto pressione.
La Danimarca manda 13 deputati a Bruxelles. I sondaggi dicono che il Partito Liberale – forza di opposizione guidata dall’ex premier Rasmussen – dovrebbe piazzarsi in testa con il 23 per cento circa dei voti. Dietro, è bagarre. Il Partito Popolare Danese (euroscettico) è davanti al Partito Socialdemocratico (europeista) del primo ministro Thorning-Schmidt: un risultato nell’aria da settimane, ma che se confermato potrebbe innescare effetti a catena nel panorama politico danese.
Tra i paesi del Nord Europa, la Finlandia è l’unica ad aver adottato l’euro. Helsinki elegge 13 eurodeputati. Il principale partito di governo, il Partito di Coalizione Nazionale (su posizioni europeiste), dovrebbe piazzarsi in prima posizione. Dietro dovrebbe infilarsi il Partito di Centro, primo partito di opposizione con più di una contraddizione al proprio interno: è il partito di Olli Rehn e di Paavo Väyrynen, è un partito di europeisti con elementi di euroscetticismo che vengono da lontano.
Dopo essere uscito sconfitto e stordito dalle elezioni del 2011, il blocco euroscettico ha trovato in Väyrynen l’uomo più influente, il capocordata, il veterano capace di sfiorare il secondo turno alle presidenziali del 2012: è in quelle settimane che il Partito di Centro è sembrato spingersi più decisamente verso l’euroscetticismo.
L’attuale leader del partito, Juha Sipilä, ha tenuto invece i suoi sui binari tradizionali: una scelta politica che ha pagato alla distanza. Il prezzo da pagare è stata la perdita di molti elettori migrati verso il Partito dei Finlandesi, alfiere dell’euroscetticismo che si aspetta di conquistare due, magari tre seggi. Lo ha dichiarato al Sole 24 Ore Sakari Puisto, 37 anni, uno dei candidati del Partito dei Finlandesi.
Puisto non ha nascosto le posizioni del suo partito nei confronti di Bruxelles: “Abbiamo un atteggiamento critico. Tuttavia, anziché lasciare la Ue e l’euro, preferiremmo ancora riformarli e ridefinire il ruolo della Finlandia al loro interno”. E ancora: “L’euro è un problema per la Finlandia, sebbene ci siano anche problemi strutturali interni della nostra economia”.
Clima molto diverso in Norvegia, che non fa parte dell’Unione europea e non manda eurodeputati a Bruxelles. Il comitato elettorale del Partito Socialdemocratico norvegese ha scelto: sarà Jonas Gahr Støre l’unico candidato a prendere il posto dell’attuale leader Jens Stoltenberg. Støre verrà eletto formalmente nel corso del congresso straordinario del 14 giugno. Ma oggi l’attenzione del Vecchio Continente è rivolta altrove.