Bugie? Le balle di Donald Trump potrebbero essere solo errori commessi in buona fede. Di certo, il miliardario in corsa per la candidatura repubblicana alla Casa Bianca non si preoccupa della “verità” delle sue affermazioni. Almeno così la pensa Daniel Drezner, professore di “Politica Internazionale” alla Tuft University. Drezner, sul Washington Post, ha notato come – in questa fase della campagna elettorale – sia diventato difficilissimo decidere “se concentrarsi sulle proposte politiche anticostituzionali o sulle palesi menzogne” di Trump.
Quite a news day for @realDonaldTrump. pic.twitter.com/K4EWCjuR4Q
— ian bremmer (@ianbremmer) 22 Novembre 2015
Negli ultimi tempi, in effetti, il magnate di New York ha veramente dato spettacolo da entrambi i punti di vista: da un lato, ha proposto di istituire un “registro”, una “banca dati”, dei musulmani presenti sul suolo americano – successivamente è balzato nuovamente in testa ai sondaggi a scapito del neurochirurgo Ben Carson – dopo, ha raccontato ciò che avrebbe visto l’11 settembre 2001, ossia migliaia di arabi esultare nel New Jersey alla vista delle Torri Gemelle in fiamme. Una circostanza che si è dimostrato essere totalmente falsa.
Donald Trump: il bullo della politica americana
D’altra parte, la “pericolosità”, politicamente intesa, di Trump non sta tanto in queste bugie dal tono “pacchiano” – alcuni psicologi non hanno escluso, però, che alcune affermazioni possano basarsi sul meccanismo della “fabbricazione dei ricordi” – ma nella sua capacità di distorcere dati e statistiche in modo convincente ed efficace.
@WayneDupreeShow@Rockprincess818@CheriJacobus@realDonaldTrumppic.twitter.com/iNdkSQHyHH
— Sean (@SeanSean252) 22 Novembre 2015
Per esempio, in uno degli ultimi tweet (vedi sopra) apparsi sull’account di Trump si può leggere che, negli Usa, la maggioranza dei bianchi viene uccisa dai neri quando, secondo gli ultimi dati diffusi dall’FBI, l’85% circa dei bianchi viene ucciso da altri bianchi e solo il 12% viene ucciso da neri. I numeri che riguardano gli omicidi di bianchi da parte di neri risultano gonfiati di oltre 6 volte, solo quelli che riguardano gli omicidi di afroamericani si avvicinano alle statistiche ufficiali (tra l’altro, è stato appurato che il “Crime Statistics Bureau” di San Francisco non esiste e, dettaglio ancora più inquietante, l’immagine è stata ripresa da un noto profilo antisemita).
Un caso ancora più famoso di mistificazione – oltre ai 200mila rifugiati siriani accolti da Obama – riguarda la cosiddetta “big lie about global economy“: infatti, Trump continua a promettere di riportare i livelli occupazionali ai livelli degli anni ’70 – “I can bring the jobs back” gli piace ripetere – senza considerare che, in seguito all’innovazione tecnologica e all’automatizzazione, una tale quantità di posti di lavoro nella manifattura, nelle fabbriche, semplicemente “non esiste più”.
Per ricapitolare: il dispositivo comunicativo del miliardario risulta talmente “obsoleto” che, per certi versi, neanche lui si aspettava un tale successo: 1) dire/twittare/ ritwittare qualcosa di oltraggioso, 2) cercando di imporre il ritmo un ciclo comunicativo dopo l’altro, 3) dunque, “bullizzare” i media facendoli focalizzare su frasi oltraggiose, 4) fare marcia indietro/protestare per essere stato frainteso, 5) sostenere/fare presente di essere in cima ai sondaggi. Tuttavia, per quanto “vecchio” possa essere, tale meccanismo ha letteralmente “intrappolato” i media a stelle e strisce che al momento non riescono a criticare Trump senza farlo apparire sempre più un outsider che dice verità scomode. Allora, non dovrebbe essere proprio il Partito Repubblicano a fermare un bullo narcisista che diffonde bugie e semina odio? I vertici del Grand Old Party considerano Trump una “mina vagante”, ma la sua candidatura – cominciata sui toni di una “burla” – sta diventando sempre più solida in termini di consenso. Finché la barca va…