Le feste di Natale si avvicinano e i consumatori, adulti e bambini, stanno già cominciando ad acquistare prodotti e regali da mettere sotto l’albero e scartare tra qualche settimana. Bisogna però fare sempre attenzione, anche e soprattutto durante lo shopping natalizio, alla provenienza degli oggetti, anche se proprio questa pratica può diventare più difficoltosa di quanto si pensa e trarci tutti in inganno. In che senso?
Parliamo in questo caso della Cina, la quale immette sui mercati europei – quindi anche italiani – diversi suoi prodotti che riportano un marchio di provenienza facilmente confondibile con quello della Comunità europea: il marchio infatti è CE, che non sta per Conformità europea ma per China Export.
La somiglianza tra i due marchi è davvero forte, il che porta spesso i consumatori a non distinguerli e ad acquistare prodotti senza la consapevolezza – o comunque con una consapevolezza spesso erronea – del loro luogo di produzione. Bisognerebbe essere degli esperti in materia per non sbagliare e, si sa, solo in pochi saprebbero fare la giusta distinzione; quindi come fare ad accertarsi della provenienza europea o meno dell’oggetto acquistato? Un modo c’è e si tratta semplicemente di fare attenzione a quanto le due lettere – la C e la E – sono distanti fra loro nel marchio: in quello europeo la distanza è molto evidente, mentre per quanto riguarda quello cinese le due lettere risultano molto vicine tra loro.
Made in China, la legge cosa dice?
Per contrastare questa confusione a cui è soggetto il consumatore si è cercato di porre rimedio a livello legislativo con il decreto n.194 del 6 novembre 2007 (in attuazione della direttiva 2004/108/CE), senza però ottenere il risultato desiderato, poiché secondo i riscontri pratici il problema sembra sussistere lo stesso. Nonostante infatti è stato disposto che “È vietato apporre sugli apparecchi e sui relativi imballaggi e istruzioni per l’uso segni che possano indurre in errore terzi in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE” e che “chiunque appone marchi che possono confondersi con la marcatura CE ovvero ne limitano la visibilità e la leggibilità è assoggettato alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000,00 ad euro 6.000,00″, nei mercati europei continuano ad essere riversati prodotti che sviano il consumatore, spesso anche il più attento.