Missioni militari all’estero: Italia in Afghanistan anche nel 2016
Missioni militari all’estero: la continua minaccia costituita dallo Stato Islamico rende necessario l’impegno dell’Italia in Afghanistan per tutto il 2016. Questo il risultato dell’incontro di ieri tra il primo ministro Matteo Renzi e il presidente afgano Ashraf Ghani che, oltre al leader del Pd, ha incontrato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. La delegazione afghana è stata accolta al Quirinale con la fanfara della banda in alta uniforme prima di chiudersi, insieme ai referenti italiani, nelle aule del Palazzo per discutere della presenza militare italiana sul suolo di Kabul.
“I soldati italiani in Afghanistan stanno facendo un lavoro prezioso. Nel 2016 continueranno a lavorare fianco a fianco con gli Stati Uniti e la coalizione internazionale con l’obiettivo di combattere il terrorismo”, ha concluso Matteo Renzi, quasi rassicurando Ghani sull’approvazione del Senato al prolungamento della partecipazione delle truppe militari italiane alla missione in Afghanistan.
Missioni militari all’estero: i numeri dell’Isaf
La missione internazionale delle Nato, Isaf (International Security Assistance Force), è terminata il 31 dicembre 2014 dopo 13 anni di attività. Era stata infatti autorizzata dal Consiglio delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2001, qualche mese dopo l’attentato alle Torri Gemelle, con lo scopo ufficiale di supportare il governo dell’Afghanistan e di preparare le Forze Armate Afgane (Anfs) nella lotta contro Talebani e al-Qaeda.
Il bilancio della guerra della Nato in Afghanistan è stato la perdita di 3.335 militari (di cui 2.238 statunitensi e 53 italiani), a causa di diversi attacchi della popolazione locale e dei gruppi di dissidenti, chiamati in gergo insurgents. Importante anche il costo finanziario oltre che umano della missione, gli Usa hanno speso circa 634 miliardi di dollari, mentre all’Italia è costata circa 700 milioni di dollari in totale, senza però considerare tutte le spese relative alla ricostruzione dell’economia e delle infrastrutture del paese.
Missioni militari all’estero: dall’Isaf a Resolute Support
Dal 1 gennaio 2015 l’Isaf ha lasciato il posto alla missione, sempre a comando Nato, Resolute Support, che dovrebbe consentire la transizione fino al totale disimpegno dalle forze dell’Alleanza e l’addestramento e l’assistenza in favore delle Forze Armate Afgane. Il passaggio dall’Isaf al Resolute Support è avvenuto nel quadro del Sofa (Status of Forces Agreement), firmato da Ghani il 30 settembre del 2014, nove giorni dopo la sua elezione come presidente.
“Europa e Afghanistan, Italia e Afghanistan, non sono due luoghi distanti ma due alleati, uniti da tratti che ci accomunano. Quello che è sotto l’attacco delle organizzazioni terroristiche è la libertà. Il credo della legge e della libertà di movimento”, ha dichiarato il presidente afgano al margine dell’incontro con Renzi, sottolineando come sia auspicabile un impegno internazionale nel suo paese in questo momento di crisi. L’italia parteciperà a Resolute Support con 750 uomini e diversi mezzi di manovra, di supporto, aerei da trasporto e alcuni elicotteri.
Per alcuni analisti c’è però il rischio che la nuova missione, il cui distinguo principale è quello di essere “non-combat” e concentrata sui comandi di grandi unità, sia solo una riedizione dell’Isaf e che se ne differenzi in termini quantitativi, più che qualitativi. Intanto il presidente americano Barak Obama ha dichiarato un mese fa che l’impegno Usa in Afghanistan si prolungherà per tutto il 2016, con l’impiego di circa 9.800 soldati. Il tutto in un quadro di forte compromissione della credibilità di Washington da parte dei principali attori regionali, sopratutto a causa delle recente gestione della crisi siriana.