Jobs act: vale anche per gli statali per la Cassazione, ed è polemica nel governo
C’è chi ha affermato “l’avevo detto”, come Enrico Zanetti, segretario di Scelta Civica e sottosegretario all’economia, e Pietro Ichino, giuslavorista passato da Sc al PD, che da un anno continuavano a insistere: il Jobs Act giuridicamente vale anche per i dipendenti statali, esclusi professori, magistrati e forze dell’ordine.
Ora è la Cassazione che l’ha sancito
La Cassazione afferma che vale per gli statali sia la riforma Fornero che di conseguenza il Jobs Act
La Cassazione in realtà si è espressa su una vertenza su un caso di licenziamento presso il Consorzio area sviluppo industriale di Agrigento, ente di diritto pubblico, e la legge in applicazione era la riforma Fornero del lavoro del 2012. Ebbene la sentenza afferma che “L’inequivocabile tenore prevede l’applicazione anche al pubblico impiego cosiddetto contrattualizzato della legge 300/70 (lo Statuto dei lavoratori, ndr) e successive modificazioni”.
Le successive modificazioni quindi includono riforma Fornero, Jobs Act, e altre eventuali altre disposizioni, naturalmente a meno di una esplicita esclusione del settore pubblico, che però manca nel Jobs Act, e sarebe probabilmente incostituzionale, dice il giuslavorista Romagnoli al Fatto Quotidiano, per evidente discriminazione e disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati.
Quindi gli statali assunti dopo il 7 marzo 2015 potranno essere licenziati senza reintegro, anche se non tutti sembrano essere d’accordo
Jobs Act, Madia-Zanetti, è scontro al governo
Il ministro per la funzione pubblica Marianna Madia per esempio aveva detto “Ritengo comunque che il reintegro sul posto di lavoro, per un dipendente pubblico licenziato per motivi disciplinari, debba essere sempre possibile”, così come il ministro del lavoro Poletti: “Tutta la discussione sulla legge delega è stata fatta sul lavoro privato e quindi non è applicabile al pubblico impiego” aveva affermato.
E oggi, ancora la Madia: “per il pubblico impiego l’articolo 18 non vale, perché c’è una differenza sostanziale che è il tipo di datore di lavoro. Il datore di lavoro privato ragiona con sue risorse, il datore di lavoro pubblico ragiona con risorse della collettività. La sentenza letta a fondo e con attenzione dice che di fatto quel lavoratore va reintegrato perché oggi ci sono delle norme che dicono che per i procedimenti disciplinari è così”.
In realtà la sentenza che boccia il licenziamento del lavoratore dell’ente siciliano si riferisce a vizi di forma, mentre giuridicamente non vi è alcun comma che esclude gli statali dalla riforma, esattamente come dice va Pietro Ichino che “Dove non c’è una disciplina specifica, si applica la disciplina generale, e quindi il Jobs Act”, come recita il coma 2 dell’articolo 2 del Testo Unico del pubblico impiego.
E a contraddire la Madia arriva oggi anche Enrico Zanetti, da sempre su pozioni più liberiste, che afferma che è grave che un ministro contraddica la Cassazione e inoltre che “La Cassazione conferma che la riforma del jobs act sull’articolo 18 si applica anche al pubblico impiego, come Scelta Civica ha sempre sostenuto dopo essersi battuta perché venisse eliminato il comma che, non a caso, prevedeva espressamente l’esclusione. Una vittoria sul piano della competenza tecnica che segue quella ottenuta a suo tempo sul piano politico che altri hanno inutilmente tentato di svuotare negando l’evidenza. Ora si prenda atto della sentenza, si introducano le necessarie norme procedurali per dare operatività concreta al principio nell’ambito della PA e si smetta una buona volta di cercare di difendere l’indifendibile”