Montenegro nella NATO: il sogno di Pietro il Grande sempre più lontano

Pubblicato il 3 Dicembre 2015 alle 12:30 Autore: Mediterranean Affairs
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(In collaborazione con Mediterranean Affairs)

Montenegro nella NATO: era il 1711 quando Pietro il Grande si erse a protettore dei popoli slavi-ortodossi dei Balcani incitandoli alla ribellione contro il dominatore turco. A quell’appello solo i montenegrini risposero, guidati dal loro vescovo-principe Daniele. Ironia della sorte, circa tre secoli dopo, il Montenegro ha accolto con entusiasmo l’invito dei nemici giurati dei discendenti di Pietro il Grande a diventare il 29mo Paese della NATO. L’annuncio è arrivato il 2 dicembre dal Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg. Nel piccolo e giovane Stato balcanico, il dibattito sull’adesione era vivo già da tempo e lo scorso luglio mi era capitato di parlarne personalmente con l’Ambasciatore montenegrino presso la Repubblica Italiana, Antun Sbutega[1]. L’invito è giunto ampiamente entro i limiti supposti dall’Ambasciatore (fine 2016), con una celerità che suggella un percorso il Montenegro e tutta la penisola balcanica hanno intrapreso dal 2000 a oggi.

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Montenegro nella NATO: un ponte tra Europa e Russia?

Tale percorso è perfettamente coerente anche con quello imboccato dall’Alleanza Atlantica fin dall’inizio degli anni Novanta. Infatti, crollato il regime sovietico, la NATO ha evoluto la propria strategia globale: maggiore aggressività negli scenari di crisi e marcata propensione all’integrazione con i Paesi che si sono svincolati dalla sfera di influenza di Mosca. L’inaugurazione di questa strategia è stata palese nel contesto della guerra in ex Jugoslavia che ha aperto la stagione delle ‘guerre umanitarie’ e dell’espansione ad Est di tutta l’organizzazione (a cui sovente corrispondeva un preventivo allargamento dell’aquis communitaire). Davanti a una Russia inerme, alle prese con la discutibile gestione di Yeltsin, con lo sciacallaggio dei cosiddetti oligarchi e con la crisi economica, la Jugoslavia è andata in frantumi in una serie di piccoli Stati, divisi prevalentemente su base etnico-culturale e, dal punto di vista politico, più facilmente influenzabili della vecchia e turbolenta Jugoslavia post-titina a egemonia serba. Dal 2006 in poi, la Russia ha provato con forti investimenti economici[2] e con il soft power a mantenere la propria influenza sul piccolo Stato balcanico, puntando soprattutto sulla comune identità religiosa ed etnica, ma con la NATO ormai alle porte di Kiev e diversi problemi da risolvere in Medio Oriente, Mosca non è riuscita nel tentativo di invertire il percorso del Montenegro, che tesse relazioni politiche, economiche e culturali sempre più intense con l’Unione Europea e tutta l’area Atlantica, investendo, in particolare, sulla cooperazione energetica con ENI e Terna e sull’ampliamento e ammodernamento del porto di Antivari che vorrebbe diventare uno tra i più importanti hub commerciali del Mediterraneo.

Il Montenegro ha scelto consapevolmente, malgrado le opposizioni interne, l’integrazione nei sistemi economici e militari occidentali con la speranza di conservare le intense, secolari e proficue relazioni politiche, economiche e culturali con la Russia: “Nessuno in Montenegro pensa di negare la propria Storia e di distruggere le buone relazioni con la Russia”, ha dichiarato S. E. Sbutega nella già citata intervista. Inoltre, ha aggiunto: “Questo può piacere o no alla Russia, a Bruxelles o a Washington, ma il Montenegro ha deciso di intraprendere la strada dell’integrazione con la ‘civiltà occidentale’ mantenendo contemporaneamente le buone relazioni con gli Stati ad Est”. Questa scelta non è stata dettata solamente dalle contingenze storico-politiche in cui è immerso lo scenario balcanico/montenegrino, ma anche dalla volontà politica del governo di Podgorica di fungere da ‘ponte’ tra Occidente e mondo russo puntando sulle buone relazioni con quest’ultimo; il coraggio di questa linea politica, però, deve essere rimarcato soprattutto alla luce di alcuni fatti impossibili da non considerare: l’Alleanza Atlantica è una organizzazione in piena crisi politica e questa adesione potrebbe compromettere i finanziamenti che dalla Russia arrivano per le infrastrutture montenegrine, difficilmente rimpiazzabili con quelli di una Unione Europea che non solo annaspa nella sua più buia crisi economica ma che non mostra il minimo interesse a voler investire in prima persona negli asset strategici dei propri Stati Membri (basti vedere il caso del porto dei Pireo in Grecia). Vi è una scarsa probabilità che questi ostacoli vengano superati nel breve e medio termine, anche perché nonostante le buone intenzioni di Podgorica, il Cremlino ha mostrato un evidente disappunto, interpretando questo evento come l’ennesima provocazione della NATO a cui reagirà, secondo le ultime dichiarazioni, con la sospensione dei programmi di cooperazione militare ed economica. Il sogno di Pietro il Grande è sempre più lontano.

Marcello Ciola

(Mediterranean Affairs – Vice Director)

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[1] Si può trovare l’intervista per esteso consultando il seguente link: http://bit.ly/1RqoP3n.

[2] Il 32% degli investimenti esteri in Montenegro viene dalla Russia (Fonte: MONSTAT – Ufficio Statistico del Montenegro, 2014).

L'autore: Mediterranean Affairs

Mediterranean Affairs è un centro di ricerca che mira a fornire analisi riguardanti l’area mediterranea. Svolgendo approfondite ricerche, lo staff affronta le varie tematiche di politica internazionale incentrate sulla difesa e la sicurezza, la stabilità regionale, e le sfide transnazionali come l’integrazione economica.
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