Continua il braccio di ferro sulle nomine della Consulta. Il Pd, afferma il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, continuerà a puntare le sue fiches su Barbera. “Noi abbiamo cercato un accordo ampio anche con le opposizioni, trovando un punto di incontro con Forza Italia. Ci sono stati tentativi pure con i 5Stelle che però, oltre a scegliere il loro candidato, pretendono di scegliere quello degli altri partiti” dichiara Boschi in un’intervista a La Stampa. “Il nostro candidato è Barbera, un professore di altissimo livello e resta quello”.
Consulta, Toninelli (M5S): “Accordo alla luce del sole”
Il M5S punta il dito contro Renzi. “Il premier vuole tre giudici che siano a favore delle sue riforme, vuole vincere 3 a 0. E su questa sua rigidità incide anche il lavoro di Silvana Sciarra, la giudice che eleggemmo assieme al Pd un anno fa: è stata la relatrice della sentenza che ha bocciato il blocco della rivalutazione delle pensioni” attacca il deputato M5S Danilo Toninelli in un colloquio con il Fatto Quotidiano nel quale invita il Pd ad “accettare il nostro metodo: accordo alla luce del sole, su personalità indipendenti. Noi rimaniamo su Modugno, altri nomi non ne facciamo: li bruceremmo. Li facciano loro”. Per valutare questi nomi “abbiamo due strade, il voto sul web e l’assemblea congiunta. La seconda via potrebbe essere più semplice, visti i tempi stretti. Di certo la maggioranza ci deve proporre nomi imparziali, e li deve presentare con un anticipo adeguato”. Sul nome di Giovanni Guzzetta – ex capo di gabinetto di Renato Brunetta, avverso all’Italicum – che circola nel centrodestra, “in caso valuterà l’assemblea, ma posso dire che è un docente di alto profilo, un nome decisamente migliore di Sisto”, dichiara Toninelli.
Consulta, la provocazione di Ainis
Sullo stallo creatosi intorno alla nomina dei tre giudici costituzionali mancanti, dice la sua anche il costituzionalista Michele Ainis. “Ridateci Mamma Diccì. Una volta i cinque giudici di nomina parlamentare erano, in modo trasparente, lottizzati. Due democristiani, uno comunista, uno socialista e un laico. Quando ne scadeva uno, non c’era nè rissa nè discussione. Entrando nella Seconda Repubblica, questa regola ha cominciato a ballare: i due partiti maggiori venivano sempre ricattati dagli alleati minori. Adesso mi pare ci sia la regola della prepotenza: chi è in maggioranza vuole imporre i propri nomi. Il difetto è politico“.
“Non c’ è consapevolezza del danno, non solo alle istituzioni della Repubblica ma anche all’immagine di coloro che lo stanno procurando. Un eccesso di prepotenza che determina una manifestazione di impotenza del Parlamento”, osserva Ainis in un colloquio con il Fatto Quotidiano. Per il costituzionalista, dallo stallo si esce “con maggiore ascolto da parte delle forze politiche. In questo Parlamento ci sono tre grandi minoranze, non c’è una maggioranza anche se il Pd alla Camera ha una maggioranza drogata dal premio del Porcellum. Logica vuole che se i giudici da eleggere sono tre, ciascuno ne esprima uno salvo accettazione degli altri. Quest’operazione – sottolinea – dovrebbe avvenire anche con maggiore trasparenza: l’opinione pubblica non può essere informata a cose fatte”.