Referendum Armenia: addio al presidenzialismo?
Referendum Armenia: addio al presidenzialismo?
L’Armenia abbandona il presidenzialismo. Questo l’esito del referendum – secondo i primi risultati parziali diffusi dagli organi ufficiali – indetto nel Paese per il passaggio di alcuni poteri dal Presidente al Parlamento.
Secondo quanto dichiarato da Tigran Mukuchyan – capo della commissione centrale elettorale sul referendum – la consultazione ha visto un’affluenza appena sopra il 50% degli aventi diritto, superando di poco il quorum richiesto per convalidare il voto. Secondo i primi risultati, il “sì” al trasferimento di competenze al Parlamento avrebbe ottenuto più del 60% dei voti. Per i risultati definitivi bisognerà attendere il 13 dicembre.
Referendum Armenia: cosa cambia?
In base al progetto di riforma – avviato dal presidente Sergi Sargsyan ed ora avallato anche dall’esito del voto popolare – il presidente avrà funzioni di rappresentanza limitata, con un mandato che però sarà esteso da 5 a 7 anni. La sua elezione non sarà più diretta, con la scelta che passerà quindi nelle mani del Parlamento. Il presidente non potrà essere rieletto né ricoprire ruoli di partito durante la durata della carica.
Nonostante sulla carta dovrebbe limitare i poteri del presidente, il progetto di riforma è fortemente osteggiato dall’opposizione, che ha denunciato brogli durante il voto e considera la riforma come un mezzo per permettere al partito di Sargsyan di restare al potere per molti anni.
Referendum Armenia: la reazione della Russia
I primi commenti dalla vicina Russia sembrano improntati alla soddisfazione. “Un Paese vicino a noi è pronto ad intraprendere una nuova fase di sviluppo politico, pacificamente e senza drammi”, il giudizio di Konstantin Kosachev, capo della Commissione Esteri del Senato russo.
I rapporti tra il Cremlino e Yerevan hanno raggiunto un nuovo livello nel gennaio scorso, con l’ingresso dell’Armenia nell’Unione Economica Eurasiatica (EEU) – progetto ispirato all’UE che vede l’integrazione economica, ad oggi, tra Russia, Kazakistan, Bielorussia, Kyrgyzistan ed appunto Armenia – in esecuzione di un accordo stipulato nell’ottobre 2014.
Sargsyan – presidente dal 2008 – nei mesi scorsi ha ribadito l’importanza delle relazioni con Mosca, definendo l’ingresso nell’EEU come una “decisione pragmatica” figlia di legami stretti, a partire dall’export armeno – destinato principalmente a Mosca e agli altri Paesi dell’area – e dagli investimenti del Cremlino nel Paese, dichiarando il proprio Paese non ancora pronto per un accordo di libero scambio con l’Unione Europea.