Articolo pubblicato da Daniele Errera il 11 dicembre 2015
Banca Marche, CariFerrara e CariChieti ed ovviamente Banca Etruria. Sono questi i quattro istituti salvati dal Governo. Aiutare i piccoli risparmiatori la parola d’ordine, ma non è andata così. E c’è chi ci ha rimesso la vita. Storia di un ennesimo fallimento, non programmato.
Banca Etruria, le quattro banche salvate e il decreto del governo
Fra le quattro banche è l’Etruria al centro di infuocate polemiche. I suoi vertici, fra cui il presidente Giuseppe Fornasari, il direttore generale Luca Bronchi e il dirigente David Canestri, vennero addirittura indagati dalla Procura d’Arezzo già a marzo 2014. Undici mesi dopo la banca viene commissariata dalla Banca d’Italia per “gravi perdite del patrimonio”. Prima ancora Banca Marche era stata ispezionata da Palazzo Koch e i rilievi fuoriusciti sono definiti niente di meno che “pesantissimi”. Una situazione che si va profilando sempre più drammatica. A novembre, poi, l’intervento del Governo. Una disperata ricerca di salvataggio per mezzo del Fondo interbancario di tutela dei depositi. L’esecutivo vara il decreto che costituisce Nuova Cariferrara, Nuova Banca Etruria, Nuova Banca Marche e Nuova Carichieti. Sono depurate dai debiti.
Banca Etruria, Il problema dei correntisti e degli obbligazionisti
Depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie sono tutelati dall’accordo deciso con l’Unione Europea, sì. Cosa nota. Molti correntisti dormiranno sonni tranquilli. Non tutti, purtroppo. E’ il caso dei detentori delle azioni e le obbligazioni subordinate. Per loro il dramma è solo appena cominciato. “Banca Etruria l’abbiamo salvata io e mia madre che in una notte abbiamo visto evaporare 100mila euro. Che ora sono diventati carta straccia. Mi avevano detto che era a basso rischio, di non preoccuparmi anche se si trattava dei risparmi di una vita”, parla Sonia, correntista dell’istituto bancario. Uno scandalo.
Banca Etruria, Il ruolo della Banca d’Italia
Bankitalia ha omesso la vigilanza, pur essendo preposta a farla. Un’accusa pesantissima, specialmente alla luce dei drammi familiari: milioni di euro scomparsi per migliaia di famiglie. Addirittura un suicidio. Omicidio di Stato, per molti. Il governatore Ignazio Visco si è incontrato con altri dirigenti della Banca d’Italia per predisporre la linea da seguire, quella della resistenza: “la Banca d’Italia non ha nulla da temere. La coscienza è a posto e la vigilanza per quello che ci risulta ha fatto il suo dovere. Il sistema bancario italiano è più che solido, migliore di quello di altri paesi”. Si giustifica, Visco. Guarda gli altri Paesi e ne parla: “la somma delle passività inesigibili delle quattro banche in questione è una frazione infinitesimamente più piccola dei crac avvenuti in Germania, Francia e Olanda. L’Italia è uscita da 7 anni di recessione con danni al sistema creditizio neppure lontanamente confrontabili con quelli subiti da altri paesi europei che non hanno avito la stessa flessione del Pil e dell’occupazione”. Poi giustifica Bankitalia e punta il dito verso i diretti interessati, gli istituti bancari: “nelle banche ci sono, inutile negarlo, meccanismi di incentivazione alla vendita di prodotti finanziari a rischio, perché questi prodotti generano commissioni per chi le porta a termine e per la banca stessa che ne incassa una parte. Ed è vero che spesso sono i manager degli istituti a spingere questa corsa. Vogliamo chiamarla avidità? Forse. Ammettiamolo però: un sacco di quelle obbligazioni sono state vendute non facendo capire di che tipo di prodotto si trattava”. E’ questo che ha costituito i problemi di cui sopra. Poi c’è la Consob, che sui prodotti finanziari per i risparmiatori. Le sue competenze si incrociano con quelle di Bankitalia, per una raffica d’accuse a vicenda che non ha portato, tuttavia, a salvare i piccoli correntisti. Per risolvere il problema, comunque, la soluzione sembra tanto la più semplice, da un certo punto di vista fattuale, tanto la più difficile, per via di un sistema ormai assodato: vietare il collocamento sul mercato di questi prodotti.
Banca Etruria, Il sacrificio di Luigi
Luigino D’Angelo. Si chiamava così il 68enne pensionato di Civitavecchia che ha deciso di suicidarsi. Aveva perso tutto, 110mila euro scomparsi con il ‘fallimento’ di Banca Etruria. Anche il Pubblico Ministero ha aperto un’indagine per ‘istigazione al suicidio’. Omicidio di Stato, per molti. Del resto Luigi aveva tentato di rientrare in possesso della sua ingente somma, ma il suo profilo, essendo stato cambiato da basso ad altissimo livello rischio, non è riuscito a rientrare, vedendo svaniti i risparmi di una vita. Sono i drammi di questioni come queste. C’è chi non riesce a rispondere con forza, come Luigi. Che si è sentito tradito dalla banca di cui era correntista da mezzo secolo. Ne parla la moglie, raccontando il vero e proprio calvario che ha subito negli ultimi mesi il povero Luigi. Una storia raccapricciante. Di un “suicidio di Stato”, parla Matteo Salvini. “Colpa di Banca Etruria e di un governo assente”, rincara la dose il leader della Lega Nord.
Banca Etruria, lo scaricabarile tra governo e Europa
“Le regole sulle banche le ha fatte l’Europa e purtroppo non le scriviamo noi”, accusa il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. “Dentro quelle regole l’Italia ha fatto di tutto per salvare i soldi delle famiglie. Cerchiamo una soluzione, ma è impossibile salvare in modo definitivo azionisti e obbligazionisti subordinati”. Al massimo si tratterà di “una forma di ristoro”. Continua, il leader Pd: “Le responsabilità per queste vicende sono a tutti i livelli e riguardano tutti tranne noi. Non abbiamo nulla da temere”, confermando commissario agli Affari finanziari Jonathan Hill: “Il governo italiano ha la responsabilità del processo di salvataggio”. Ma adesso molti, tutti si attendono risposte efficaci e definitive per evitare nuovamente problematicità, drammi, tragedie del genere.
Daniele Errera