Il 13 dicembre Roma ha ospitato, nella sede della Farnesina, un summit internazionale sulla Libia presieduto dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, e dal segretario di Stato Usa John Kerry. Pensata sulla falsa riga della conferenza di Vienna sui possibili sviluppi della crisi in Siria, il vertice di Roma ha visto la partecipazione dei ministri degli Esteri dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Francia, Russia, Cina, Regno Unito e Stati Uniti) insieme ai principali attori della regione tra cui Egitto, Turchia ed Emirati Arabi Uniti.
Al tavolo delle trattative anche i rappresentanti di Italia, Germania, Spagna, Unione Europea e Nazioni Unite insieme a varie delegazioni di vari stati di Africa e Medio Oriente, per un totale di 17 nazioni partecipanti, e agli esponenti dei due parlamenti libici: quello internazionalmente riconosciuto con sede a Tobruk, e quello di Tripoli supportato dalla Turchia.
Conferenza Libia: Kerry e Gentiloni a confronto
“Ci vorranno 40 giorni perché un governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale possa fare ritorno nella sede di Tripoli”, ha annunciato Kerry durante la conferenza stampa al margine della riunione internazionale sulla situazione del Mediterraneo. “Si è registrata una convergenza senza precedenti, un sostegno unanime sull’intesa raggiunta tra le parti libiche per il governo unitario in Libia che dovrà essere firmata la prossima settimana”, queste invece le parole di Gentiloni che sottolineano il ruolo fondamentale che avrà l’Italia nel processo di stabilizzazione della Libia. Presenza decisiva, quella della leadership italiana, riconosciuta anche da John Kerry che non manca di lanciare un monito a chi invece lavora per far fallire le iniziative di pace.
Parte la missione Onu UNSMIL
Tra i punti salienti del summit la decisione di tracciare una road map per stabilizzare il paese dopo l’annuncio di un governo di unità nazionale. A partire da oggi, inoltre, il responsabile della missione Onu UNSMIL (United Nations Support Mission in Libya), Martin Kobler, sarà chiamato a dar seguito alla road map e all’accordo firmato dalle rispettive parti in gioco che prevede un periodo transitorio di un anno per portare a compimento il processo costituzionale. Un aspetto indicativo è stato la convergenza di intenti che si è registrata da parte di tutti i partecipanti, con un sostegno unanime all’accordo di unità nazionale, indice che le preoccupazioni internazionali sull’avanzata in Libia delle milizie dello “Stato Islamico” spingono ogni nazione a cercare in tutti i modi di proteggere quegli interessi comuni, legati principalmente all’avanzata dei militanti jihadisti sulle riserve di petrolio della fascia interna a sud di Sirte.
Il ruolo dell’Italia
L’Italia, già impegnata sul fronte libico, stando alle parole del premier Matteo Renzi, sarebbe pronta ad assumere un ruolo guida in Libia, di cui la missione di stabilizzazione sarebbe solo una parte. Il coinvolgimento italiano potrebbe infatti estendersi dall’addestramento delle forze libiche del nuovo governo di unità nazionale, ad incursioni di varia natura sulle coste e nei porti con l’obiettivo di controllare e minimizzare il problema dei migranti, oltre ovviamente a contrastare l’avanzata dello “Stato Islamico”. La posta in gioco è alta per tutte le parti in causa, la speranza è che i parlamenti di Tripoli e Tobruk accettino l’accordo e che la comunità internazionale non commetta gli stessi errori di valutazione del 2011.