La Turchia si appresta a lavorare ad una nuova costituzione. La volontà di scrivere una nuova Carta era stata espressa già lo scorso mese dal presidente Recep Tayyip Erdoğan. Il capo di stato, intervenendo ad una riunione del proprio partito, ha auspicato che tutti i gruppi politici partecipino alla stesura del nuovo documento, che dovrà essere “chiaro, inclusivo e liberale, in grado di guidare il paese nel prossimo secolo ”.
I contenuti della nuova Costituzione
Non è ancora chiaro quali saranno i punti salienti sui quali il governo intende lavorare durante la stesura della nuova legge fondamentale dello Stato. Nel corso della presentazione del Piano d’Azione sui Diritti Umani, il leader turco ha dichiarato che l’obiettivo finale di tale progetto è una rinnovata Costituzione civile.
Il numero uno del partito AKP ha inoltre sostenuto che l’esecutivo lavorerà per rafforzare il diritto degli individui ad un equo processo, oltre che a misure per consolidare il diritto di proprietà e per favorire gli investimenti nel paese. Sono anche stati auspicati provvedimenti per migliorare le indagini e i procedimenti giudiziari nei casi di violenza contro le donne. Secondo alcune fonti, la nuova Carta potrebbe contenere misure relative alla libertà di culto e di espressione.
La necessità di una nuova Carta
Le fondamenta dell’attuale Costituzione risalgono al 1982, quando il potere era nelle mani della giunta militare. Nonostante circa due terzi della Carta siano stati emendati negli ultimi quarant’anni, Erdoğan ha dichiarato che è giunto il momento che il paese si doti di un documento di impronta civile.
Il presidente ha inoltre sottolineato che la presente Carta Costituzionale ostacola le funzioni del sistema esecutivo-presidenziale. Il capo di Stato ha citato la difficile stesura del Piano d’Azione sui Diritti Umani come un esempio della natura ingombrante della presente legge fondamentale, senza tuttavia specificare quali siano stati gli intralci nel processo redazionale.
Secondo l’inquilino del Palazzo Bianco vi sono ora le condizioni, sia interne che internazionali, perchè la Turchia possa intraprendere il percorso verso una nuova Costituzione. Nel 2017 infatti, quando vennero approvati gli emendamenti per la nascita del sistema esecutivo-presidenziale, il clima politico di Ankara era ancora provato dal tentato golpe dell’anno precedente. Oggi invece, secondo il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) e l’alleato Partito del Movimento Nazionalista (MHP), il paese è sufficientemente stabile internamente e libero in campo internazionale da permettersi di affrontare un così delicato passaggio.
Secondo alcuni osservatori, la scelta del presidente potrebbe essere dettata dalla necessità di riscrivere le regole del gioco a proprio piacimento. Il sistema presidenziale introdotto nel 2017 è stato pensato per rendere Erdoğan politicamente onnipotente. La sua rielezione, tuttavia, è appesa a un filo. Secondo un recente sondaggio di Metropoll, ottenere al primo turno il 50%+1 dei voti è, per l’attuale presidente, ad oggi impossibile. La ripetizione delle elezioni municipali di Istanbul nel 2019 ha inoltre dimostrato che, nonostante un sistema profondamente manipolato a proprio vantaggio, la sconfitta diventa inevitabile se le opposizioni si uniscono.
L’appoggio dei partiti di maggioranza
Perchè un emendamento costituzionale venga sottoposto a referendum, tale modifica deve essere approvata da almeno 360 parlamentari su 600. Il capo di stato ha lo scontato appoggio del proprio partito AKP, che da solo esprime 289 parlamentari. Devlet Bahçeli, leader del partito nazionalista MHP in coalizione di maggioranza, ha espresso il proprio supporto per l’iniziativa costituzionale, garantendo così ulteriori 48 seggi. I numeri non sono dunque sufficienti perchè la sola maggioranza di governo possa procedere alla riforma costituzionale.
Per questo motivo Erdoğan ha fatto appello ad altre forze parlamentari, oltre che ad accademici, università, organizzazioni della società civile e media affinché contribuiscano al progetto con loro proposte. Per tentare di allargare il consenso dell’assemblea legislativa, anche lo speaker del Parlamento Mustafa Şentop ha invitato le forze politiche a dialogare. “La Commissione per la Riconciliazione Nazionale lavora da due anni per rendere possibile la riforma costituzionale” – ha dichiarato Şentop.
La reazione dell’opposizione
L’opposizione ha fino ad ora rispedito al mittente la proposta di collaborazione. Secondo il Partito Popolare Repubblicano (CHP) e il Good Party (İYİ Parti), l’invito a riformare la Costituzione è un segno dell’inadeguatezza del sistema presidenziale. Entrambi i partiti, che in Parlamento occupano rispettivamente 135 e 36 seggi, auspicano che il paese possa tornare al sistema parlamentare.
“Coloro che sono favorevoli alla democrazia credono che ci possa essere una nuova Costituzione solamente se i primi quattro articoli rimangano inalterati” – ha dichiarato Kemal Kılıçdaroğlu, numero uno del CHP – “È tuttavia necessario un sano clima politico affinché possa esserci un nuovo processo costituzionale. Tale condizione non è oggi presente nel paese. L’arena politica odierna è troppo polarizzata”.
Le forze politiche di minoranza chiedono che venga restituito il potere all’assemblea legislativa. Accusano inoltre il presidente di distogliere l’attenzione dai problemi reali del paese: un’economia fragile, la povertà, la disoccupazione e la mancanza di pace sociale.
Kemal Kılıçdaroğlu aggiunge: “L’attuale Costituzione stabilisce che il presidente debba agire in maniera imparziale. Erdoğan non è certamente imparziale. La mancata attuazione dei verdetti della Corte Costituzionale da parte dei tribunali locali e del Parlamento costituisce un ulteriore esempio delle continue violazioni della carta fondamentale dello stato”.
Le contromosse di Erdoğan
Le discussioni sul progetto costituzionale costituiscono un utile strumento nelle mani di Erdoğan per allargare la frattura interna all’opposizione, in particolare tra il Partito Popolare Repubblicano, il Partito Democratico dei Popoli (HDP), il Good Party e il Felicity Party. Muharrem İnce, ex membro del partito CHP e candidato presidente, formerà presto un proprio movimento, che sembra destinato ad attrarre un buon consenso e diversi parlamentari in rotta con la linea di Kılıçdaroğlu, giudicato ormai lontano dai valori del fondatore del partito socialdemocratico, Mustafa Kemal Atatürk.
L’inquilino del Palazzo Bianco conduce da tempo una campagna di criminalizzazione e isolamento del partito HDP, a proposito del presunto legame con i militanti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Le forze dell’ordine hanno arrestato centinaia di militanti, inclusi funzionari eletti. La portata della repressione rende improbabile che l’HDP possa mai trattare con Erdoğan nel caso si rivolgesse al popolo curdo.
All’interno del Felicity Party, in particolare, ha fatto scalpore la visita del presidente a Oğuzhan Asiltürk, influente membro del partito. Il leader Temel Karamollaoğlu, inoltre, è costantemente sottoposto alla pressione dell’ala più conservatrice del partito, che spinge per un’alleanza con l’AKP.
Altre opzioni a disposizione del leader turco sono il cosiddetto gerrymandering (una ridefinizione dei collegi elettorali), oppure l’abbassamento della soglia minima affinché un partito entri nella Camera turca. Ciò favorirebbe gli alleati del partito MHP, che i sondaggi danno al 7%. Le correzioni della legge elettorale non richiedono una maggioranza dei due terzi, ma le modifiche entrerebbero in vigore solamente dopo un anno dall’approvazione. Le elezioni anticipate sarebbero dunque un’opzione meno allettante.
In tale contesto, l’AKP spera che la discussione sulla prima Costituzione civile nella storia dello Stato possa rivelarsi un utile strumento retorico in vista delle elezioni del 2023, anno in cui peraltro si celebrerà il centenario dalla fondazione del paese. Gli obiettivi principali della campagna a favore di una riforma costituzionale sono dunque l’indebolimento dell’opposizione e l’acquisizione del favore popolare necessario a vincere la tornata elettorale.
Il futuro della politica turca
Gli analisti non concordano sulle previsioni riguardanti il futuro politico di Ankara. Il dato certo è che difficilmente Erdoğan si farà da parte senza lottare. Secondo alcuni nel 2023 assisteremo ad un normale cambio al vertice del paese. Secondo altri, il continuo indebolimento politico dell’attuale inquilino dell’Ak Saray (Palazzo Bianco) porterà ad una nuova ondata di repressione, persecuzioni e indebolimento della democrazia. La crescente polarizzazione potrebbe anche favorire l’esplosione della violenza.
Nicholas Danforth, storico e ricercatore presso la Hellenic Foundation for European and Foreign Policy, è convinto che continueranno ad esserci elezioni, benché manipolate. “In questo scenario” – prosegue Danforth – “il presidente turco potrebbe comunque commettere errori di valutazione e perdere. L’opposizione potrebbe diventare tanto potente da rendere inefficace qualsiasi misura manipolatoria da parte dell’AKP. A quel punto Erdoğan non potrebbe fare altro che mettersi da parte”.
Howard Eissenstat, professore di storia del Medio Oriente presso l’università St. Lawrence, ritiene che il mantenimento di una patina democratica sia troppo importante perchè Erdoğan rischi una svolta completamente autoritaria. “La manipolazione del voto avverrà ai margini del processo, utilizzando la magistratura e i funzionari elettorali, saldamente nelle mani del partito di maggioranza“.