Quali saranno le guerre del 2016? Gli esperti del Centro per l’Azione Preventiva (CPA) del Council on Foreign Relations (CFR) hanno pubblicato il loro rapporto annuale, arrivato all’ottava edizione, sui conflitti che, con molta probabilità, si combatteranno nel 2016 e sulle situazioni di tensione maggiormente a rischio di aggravarsi o, addirittura, trasformarsi in una vera e propria guerra. Il parametro utilizzato per dividere in categorie di crescente gravità le situazioni potenzialmente a rischio è l’impatto sugli interessi statunitensi: “la nostra indagine – ha precisato nella presentazione del report, il generale Paul Stares, uno dei responsabili del progetto – mira a evidenziare le possibili aree di instabilità e così aiutare i responsabili politici a prevedere gli imprevisti che potrebbero essere dannosi per gli interessi nazionali”. Dando la priorità ai conflitti in base al rischio complessivo costituito per gli Stati Uniti, ha proseguito Stares, “l’indagine potrà aiutare nel focalizzarsi sulle risorse necessarie alla prevenzione dei conflitti durante il prossimo anno” anche alle maggiori organizzazioni internazionali e ai grandi gruppo d’interesse.
Quali saranno le guerre del 2016?
Delle 11 contingenze considerate più gravi dagli esperti del CPA, 7 sono situate nel contesto mediorientale. Il primato spetta alla guerra in Siria che, solo l’anno scorso, era stata considerata “moderatamente” rischiosa per gli interessi Usa. Allo stesso modo, per il 2015, era stato assegnato un livello “moderato” di impatto sulle questioni americane anche alla frattura politica e al relativo scontro armato che tuttora si sta svolgendo in Libia, alle crescenti tensioni in Egitto e all’intensificazione della violenza politica in Turchia.
A preoccupare gli esperti militari anche la situazione del conflitto israelo-palestinese ma soprattutto l’avanzata dell’Isis e le tensioni tra sciiti e sunniti palesemente riscontrabili in Afghanistan e Iraq. Completano questo quadro il crescente livello di instabilità politica all’interno dell’Ue in seguito al massiccio arrivo di migranti, l’accrescimento delle tensioni “nucleari” tra Usa e Corea del Nord, oltre ai rischi legati a un attentato terroristico “di massa” sul suolo americano o su quello di un alleato o a un cyber-attacco condotto contro le infrastrutture difensive americane.
A un livello più basso di rischio, in ordine, gli esperti hanno posto l’escalation di violenza criminale in Messico, i disordini legati ai talebani che operano in Pakistan, la violenza settaria che ha rialzato la testa in Libano, la “guerra civile” a bassa intensità che si consuma in Ucraina, la crescenti violenze riscontrate in Giordania, la lotta tra Houthi e forze governative in Yemen, le violenze di Boko Haram in Nigeria. Nella speciale classifica, d’altra parte, trovano spazio anche le tensioni tra paesi NATO e Russia, l’attenzione è puntata su Mosca anche per quanto riguarda la diffusione di organizzazioni terroristiche di matrice islamica nel Caucaso del Nord. Situazioni particolarmente a rischio anche quelle della Repubblica Centrafricana, del Sudan del Sud e della Birmania: tutti e 3 i paesi sono attraversati da conflitti etnici. Invece, il crollo dell’economia potrebbe portare alla violenza armata in Venezuela, mentre si sta scaldando la campagna elettorale nella Repubblica Democratica del Congo.