Articolo scritto da Daniele Errera il 24/12/2015
Si scrive austerità, si legge populismo. Una reazione automatica, secondo Matteo Renzi, intervistato proprio ieri dal Financial Time. Un attacco diretto alla Germania, rea – secondo Renzi – di aver imposto la ferrea legge dell’austerità che poi ha portato alla crescita di partiti populisti a discapito di quelli tradizionali.
“Non so cosa accadrà al mio amico Mariano (Rajoy, ndr.), ma so che coloro che sono stati in prima linea come fedeli alleati della politica del rigore senza la crescita hanno perso il posto. E’ successo a Varsavia, sebbene le circostanze in Polonia siano diverse, è successo ad Atene, è successo a Lisbona, vediamo cosa succede a Madrid”. Il rigore portato all’eccesso produce questo, sostiene Renzi. In Spagna è sorto sostanzialmente dal nulla questo movimento di indignati, Podemos. Rintracciabile sotto l’aspetto dei populismi, il premier italiano descrive la ricetta per superare l’impasse: “possiamo sconfiggere demagogia, apatia e populismo, scommettendo su crescita ed occupazione in una nuova Europa sociale. Dobbiamo essere attenti alle nostre finanze, ma meno (ossessionati) da virgole e punti decimali”. Renzi poi attacca la Merkel: “ho stima per Angela, abbiamo un eccellente rapporto personale. Ma dobbiamo essere franchi: l’Europa deve servire tutti i suoi 28 paesi, non soltanto uno”.
Un attacco diretto, che non ammette repliche. Ma Angela Merkel sembra essere tranquilla. Sicuramente c’è sorpresa per l’intervista del Presidente del Consiglio italiano al FT. Viene ritenuta “sbagliata e arretrata” la tesi nostrana, ma è la Germania tutta a non darne troppo peso, a partire proprio dalla stampa. Solo pochi giornali, infatti, hanno ripreso l’intervista renziana.
Si discute circa la tempestività dell’ex sindaco di Firenze. Forse è una risposta al piano che sembra la coppia Merkel-Schäuble (rispettivamente cancelliere e Ministro delle Finanze) stiano preparando. Oggetto dell’iniziativa è il sistema bancario, l’unione bancaria. Se in linea di massima Berlino e Roma possono essere d’accordo sulla necessità della garanzia comune europea sui depositi bancari come prodromo dell’unione bancaria continentale, quel che Merkel non vuole è permettere all’Italia sia la flessibilità di bilancio che la mutualizzazione, cioè la condivisione dei rischi finanziari. Specialmente alla luce di un Paese, come l’Italia, con un debito pubblico sopra il 130%. Si direbbe, perciò, che il braccio di ferro fra i due Paesi si giocherà proprio su questo tema, la credibilità economica, proiezione di quella politica.
Daniele Errera