Default Ucraina, FMI: compromessi e scadenze importanti
Default Ucraina, FMI: il 20 dicembre Kiev non ha saldato il suo debito ufficiale con la Russia, questo non dovrebbe aver sorpreso nessuno; fin da quando Mosca non ha accettato la ristrutturazione del debito ucraino si sapeva che il decorso avrebbe portato ad un tale risultato. Il meno meravigliato alla fine è stato il Fondo Monetario Internazionale, infatti, dieci giorni prima della scadenza, ha cambiato una delle sue linee guida per concedere aiuti finanziari agli Stati in sofferenza. Il FMI nella sua spiegazione ufficiale non ha coinvolto Russia e Ucraina, ma ha sottolineato, che la decisione era già tempo in cantiere e che doveva essere discussa nella primavera del 2016. Certo è che la scelta di fare il grande passo, dieci giorni prima di una scadenza così importante, ben sapendo che i due Stati sono anche coinvolti in una guerra militare, non sembra solo una coincidenza.
Default Ucraina, FMI: compromessi e scadenze importanti
Senza valutare ciò che potrà succedere dopo e considerando che i giudici dell’Alta Corte di Londra si dovranno esprimere su un creditore che ha annesso un territorio e che sta sostenendo una guerra sui territori del debitore, l’aspetto più curioso della faccenda consiste nel vedere come sia malleabile la politica del FMI al momento di concedere finanziamenti secondo delle motivazioni geopolitiche. Se il FMI dovrebbe o meno concedere prestiti ai paesi in difetto, è una questione annosa. Nel 1989, il Fondo ha modificato la sua politica creando il “Prestito nella politica degli arretrati”, che ha permesso ai paesi d’aderire al suo programma finanziario anche se in default con i loro creditori privati, purché avessero dimostrato “buona fede” nelle negoziazioni.
Del debito nel settore pubblico non se ne discuteva; anche se nel 2004, mentre l’Iraq era in default sia con i creditori privati che con quelli pubblici, con degli arretrati eccezionali, è stato ammesso al programma del FMI, perché, riporta la nota, “aveva negoziato in buona fede con paesi come il Kuwait”. Un’analisi condotta nel 2008 dalla BCE ha dimostrato che l’intervento del FMI non è determinato solo da valutazioni economiche, ma anche da determinanti fattori geografici, militari, energetici e nucleari.
Dei 188 paesi membri, 66 hanno conosciuto programmi del FMI di una durata variabile tra i 10 e i 30 anni. “Il FMI è spesso impegnato in prestiti finalizzati a politiche – recita la relazione della BCE – con programmi anche ultra decennali, quando invece la sua politica prevede solo brevi durate”. Ciò (i paesi aderenti al programma sono spesso in ritardo cronico verso i creditori: con il più evidente caso greco del 2010) mette l’istituzione davanti a crescenti rischi. Tutte queste pratiche compromettono il ruolo del FMI (prestatore di ultima istanza) con potenziali ripercussioni sull’efficacia dell’istituzione e sulla sua credibilità.
Gabrielis Bedris