Elezioni Spagna 2015: solo una parola può descrivere bene la situazione spagnola dopo le elezioni nazionali dello scorso 20 dicembre. Pantano. A una settimana di distanza, infatti, non sono ancora chiare le eventuali alleanze per formare un nuovo esecutivo. Tante incognite e un’unica certezza: nessun partito può governare da solo. Ieri mattina Pedro Sánchez, il leader del Psoe ha aperto i lavori dell’assemblea del partito con un discorso autocritico. “Mi assumo le mie responsabilità (per la sconfitta elettorale, ndr) – ha affermato Sánchez – ma non mi accontento di essere la seconda forza politica. Vorrei che diventassimo la prima, l’unica in grado di vincere”. Compito del Comité Federal socialista è approvare una risoluzione che metta nero su bianco i punti irrinunciabili nel caso in cui Mariano Rajoy, il leader del Pp, non riesca ad ottenere dal parlamento il mandato per governare. A questo punto la palla passerebbe al Psoe che però è ancora intento a schiarirsi le idee.
Elezioni Spagna 2015: un dialogo tra sordi
I lavori dell’assemblea, infatti, erano stati preceduti da forti polemiche. Susana Díaz, “La presidenta” dell’Andalusia, aveva già avvertito il segretario generale. “Non consentirò – ha tuonato la Díaz – una negoziazione con Podemos o altre forze politiche se la condizione è un referendum per la Catalogna”. La tensione nel partito è alta. Sánchez ha però subito chiarito che l’unità spagnola non è in discussione, assicurando così una buona parte dell’assemblea. Sánchez ha però ricordato ai suoi che il successo delle scorse elezioni regionali è stato possibile solo grazie all’appoggio di Podemos. Un modo per dire che, in un modo o nell’altro, si dovrà scendere a patti con il partito degli “indignados”. Ad ogni modo, quello che emerge è una situazione sempre più instabile all’interno del partito, con un leader sempre più isolato. Sánchez ha escluso le larghe intese e ha affermato che dialogherà con tutte le forze politiche. “La peggiore delle opzioni – ha continuato Sánchez – sarebbe quella di tornare al voto. In questo modo si rimanderebbe il problema e sarebbe la conferma che i partiti politici non sono in grado di dialogare”.
Anche Mariano Rajoy, il vincitore (morale) delle elezioni, è sempre più isolato. Ciudadanos, che ha ottenuto il 16% dei voti, ha fatto sapere al leader del Pp che non darà l’appoggio a un suo eventuale esecutivo, coerentemente a quanto detto in campagna elettorale. Con molta probabilità, il prossimo 14 gennaio Rajoy non riuscirà a formare un governo. A questo punto, toccherà a Sánchez chiedere la fiducia. La coalizione tra Podemos e il Psoe sembra quella più probabile, ma la strada sembra esser tutta in salita. Lo scorso giovedì Iñigo Errrejon, il numero due di Podemos, ha chiarito che il suo partito non ha intenzione di rinunciare al referendum per la Catalogna. Per ora, dunque, è tutto fermo. E molto probabilmente la situazione non si sbloccherà almeno per le prossime due settimane. Si allontana sempre di più la possibilità per Mariano Rajoy di formare un governo e un eventuale mandato di Sánchez sarebbe solo l’anticamera per le elezioni anticipate.