L’Italia potrebbe crescere di quasi il 24% nei prossimi 50 anni, a patto di seguire un preciso percorso di riforme. A rivelarlo è uno studio condotto da tre esperti della Direzione Generale per gli Affari Economici e Finanziari della Commissione Europea. La simulazione – condotta dall’italiano Dino Pinelli e dagli ungheresi Istvan Szekely e Janos Varga – poggia su un piano d’azione che fa riferimento a tre precise parole chiave, chiamate ad agire su precise debolezze strutturali italiane: istruzione, innovazione e detassazione del lavoro.
Crescita economica: ecco come procedere
Nella ricerca, gli studiosi hanno comparato i risultati ottenuti dall’Italia con quelli degli altri Paesi dell’Eurozona e dell’OCSE, in un quadro che ha visto il Belpaese retrocedere di parecchie posizioni in classifica, a partire da voci come reddito pro capite e produttività.
La chiave della ripresa passa innanzitutti da un maggiore investimento sulle persone e quindi sull’istruzione, con la necessità di innalzare sia il numero di laureati che il livello delle conoscenze di base. In particolar modo, va rotto il circolo vizioso che porta piccole e medie aziende a premiare scarsamente lo studio, con conseguente scarsa crescita delle imprese.
Sul versante dell’innovazione è necessario incrementare in maniera sostanziosa l’investimento in sviluppo e ricerca, a partire dal capitale di sviluppo per le nuove imprese – pari ad appena 100 milioni annui – procedendo ad una contestuale riduzione dei meccanismi burocratici necessari per avviare nuove aziende.
Infine – the last but not the least – è necessaria una riduzione della pressione fiscale del lavoro ancor più drastica rispetto a quella timida operata nell’ultimo anno, avvicinandosi agli altri Paesi dell’Unione Europea.
Operare sensibili miglioramenti in questi 3 punti chiave porterebbe, secondo gli studiosi, alla possibilità non solo di recuperare il terreno perso negli ultimi 8 anni, ma anche di raggiungere il terzetto di Paesi in testa, con un vantaggio notevole in termini di aumento del PIL. Il quale aumenterebbe di un +23.8% nel giro di 50 anni, grazie al mix prodotto dal recupero di produttività – che garantirebbe un +12.1% di PIL – e da un miglioramento del tasso occupazionale, che farebbe il resto. Ora la palla passa alla politica.