Pena di morte: le cifre di Arabia Saudita ed Iran
L’esecuzione di 47 persone accusate di terrorismo – tra cui l’imam sciita Nimr al-Nimr – ha portato ad un nuovo picco della tensione tra Arabia Saudita ed Iran, due Paesi i cui rapporti bilaterali sono tesi ormai da molto tempo. Al tempo stesso, però, la decisione di Riyad ha posto ancora una volta all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale la problematica della pena di morte e della sua diffusione ancora estremamente radicata in diverse zone del mondo. Tra queste, spiccano proprio Arabia Saudita ed Iran, che – secondo Amnesty International – rientrano tra i 5 Paesi con più esecuzioni annue al mondo.
Pena di morte: le cifre dell’Arabia Saudita
Già a novembre scorso Amnesty aveva segnalato come l’Arabia Saudita avesse giustiziato oltre 150 persone nel solo 2015, una cifra che non veniva raggiunta dal lontano 1995. Secondo l’organizzazione, negli ultimi 30 Riyad avrebbe giustiziato circa 2200 persone, ed almeno metà di loro sarebbero stranieri.
Per almeno un terzo dei casi si tratterebbe di reati “non gravi” tali da rientrare nel diritto internazionale (ricordiamo infatti che, nonostante una moratoria in sede ONU targata 2007, non vi è ancora una vera e propria abolizione dal punto di vista legale), e molti di loro non sono obbligatoriamente punibili con la morte nemmeno per la Sharia.
Le cifre, peraltro, sono in crescita. Se nel 2014 si parlava di almeno 90 esecuzioni, gli oltre 150 del 2015 e i 47 di questo inizio 2016 rappresentano un notevole campanello d’allarme.
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— CiLuna (@CiLuna27) 4 Gennaio 2016
Pena di morte: le cifre dell’Iran
Non va molto meglio in Iran, anzi. Il principale competitor dell’Arabia Saudita sullo scenario mediorientale si distingue per un numero di esecuzioni ancor più elevato. Secondo Death Penalty Worldwide – che raccoglie i numeri diffusi dalle varie fonti giornalistiche ed organizzazioni internazionali, Amnesty compresa – i morti nel 2015 appena concluso sarebbero più di 900, un numero in crescita rispetto ai 720-800 del 2014.
La stessa Amnesty e l’organizzazione umanitaria Iran Human Rights hanno a più riprese sottolineato la notevole discrepanza tra i propri calcoli e le cifre ufficiali diffuse da Teheran.
Processi sommari, interpretazioni eccessivamente rigide e messaggi politici: così anche l’esercizio della pena di morte entra dunque a piedi uniti nell’escalation della tensione tra Arabia Saudita ed Iran. Che rischia di trascinare l’intero Medio Oriente nel caos.