Crescita economica: le sfide del 2016 per l’Italia
Crescita economica: le sfide per il 2016
L’anno che si è appena concluso ha visto il consolidamento di alcuni fattori importanti che tratteggiano, per l’economia italiana e per il novello 2016, un chiaroscuro di ancora difficile definizione. Il numero di soggetti occupati in valore assoluto a settembre 2015 è risultato superiore di 200 mila unità rispetto al medesimo periodo del 2014. Tuttavia oggi l’Istat certifica ancora un livello di crescita debole, un tasso di occupazione precaria in aumento (dal 13,4% al 14%) e un Pil nominale asfittico, con un arco congiunturale di previsione dello 0,8 per cento per il 2015 e di un timido 1,3% per il 2016.
Le analisi del Ministero dell’Economia e delle Finanze, distribuite oggi e basate sugli osservatori Eurostat, attestano la lenta via della ripresa italiana. Inoltre, con l’approvazione dell’ultima legge di Stabilità, le decontribuzioni sulle assunzioni a tempo indeterminato sono destinate a ridursi fortemente nel prossimo biennio depotenziando quella che, è il pensiero di molti economisti di rango, dovrebbe essere una più coraggiosa azione di riduzione del deficit di bilancio incentrata sul cuneo fiscale del lavoro. Uno studio interessante condotto da un team di esperti della Direzione generale per gli Affari economici e finanziari della Commissione europea, descrive una economia italiana lungi dall’aver incanalato una ripresa che possa definirsi strutturale.
Crescita economica: quali scenari per il 2016?
Alcuni possibili scenari macroeconomici di lungo termine sono stati presentati con perizia sul Sole 24 Ore di ieri dalla penna di Luca Ricolfi. Onde evitare il riperpetrarsi dello sterile dibattito sulle sorti del Paese che nella narrativa del premier Matteo Renzi ha contrapposto e continua a contrapporre gufi a lealisti dell’azione di governo, lo schema articola con sintesi e precisione alfanumerica quattro fatiche d’Ercole per il ciclo economico italiano nel 2016.
Debito/PIL: una sfida da non poter più rimandare
Nell’anno 2015 il debito pubblico italiano, ovvero l’immensa quantità di denaro che lo Stato ha nel tempo maturato in passivo con altri soggetti economici nazionali, ha raggiunto la ragguardevole soglia di 132,8 punti percentuali rispetto al PIL. Una percentuale questa sintomo, insieme ad una inflazione vicina allo zero, di una crescita ancora claudicante sia sul versante del credito reale che su quello dei mercati finanziari.
Un’economia che pretenda uno sviluppo strutturale armonico non può prescindere dal ricercare con veemenza un equilibrio tra i propri crediti ed i propri debiti. Tale equilibrio, il famoso pareggio strutturale di bilancio che il governo italiano ha rimandato ancora al 2018 optando per una manovra finanziaria in parte foraggiata dall’aumento del deficit, è forse una delle più importanti mire riformatrici cui l’Esecutivo dovrà, in connubio con le istituzioni europee di riferimento, cercare di ottemperare, obtorto collo, con una riduzione della spesa (spending review) davvero incisiva, o con un nuovo aumento delle tasse.
Non resta che attendere lo svolgersi degli eventi. Nel frattempo, felice inizio d’anno, minuto più, minuto meno.
Riccardo Piazza