Unioni civili, il vero problema è la pensione di reversibilità
Tutto il dibattito di questi giorni sulle unioni civili che dovrebbero arrivare in aula il 26 gennaio, si è concentrato su tre questioni elencate due giorni fa da Oscar Giannino sul sito leoniblog.it. “Il primo punto è politico – scrive l’editorialista del Messaggero ed ex leader di Fare per Fermare il Declino – il secondo riguarda l’adozione concessa a chi ha già figli precedenti alla sottoscrizione dell’unione civile e il terzo investe una diversa questione che riguarda i diritti economici: la pensione di reversibilità ai superstiti”. Se dei primi due si parla già da tempo, quello dei costi della reversibilità rappresenta l’ultimo fronte che dovrà affrontare il governo per approvare il ddl Cirinnà. Quello della sostenibilità economica della misura – a detta di molti tutt’altro che a costo zero – potrebbe infatti essere usata come clava dalle frange più conservatrici interne a quel mondo cattolico che tradizionalmente si oppone alla legge: tutto il Nuovo Centro Destra, parti del Pd e, soprattutto, il Vaticano.
Ieri proprio sul tema dei costi della riforma il Giornale della famiglia Berlusconi parlava di “bomba ad orologeria per il welfare italiano”. Svolgimento: “le cifre ufficiali finora dichiarate paiono abbastanza tranquillizzanti, ma più si avvicina il 26 gennaio, più crescono i sospetti che vi sia un qualcosa di non detto sull’estensione dei diritti alle partnership diverse dal matrimonio”. E l’ omissione ipotizzata dal Giornale riguarderebbe proprio la sottovalutazione dei costi legati all’estensione dei diritti per le coppie omosessuali: in particolare quelli delle pensioni di reversibilità.
Pensione reversibilità: cos’è e chi ne ha diritto
La pensione di reversibilità è l’importo che spetta di diritto ad un componente del nucleo familiare dopo la morte di un lavoratore pensionato. Come prevede il regolamento Inps, se il lavoratore deceduto era già in pensione prima di morire si parla di reversibilità diretta; altrimenti se il lavoratore non era ancora titolare di pensione ma aveva maturato i requisiti per averne una, si parla di reversibilità indiretta. Possono beneficiarne cinque tipi di familiari: coniuge, figli, nipoti, genitori e fratelli/sorelle celibi/nubili. Ad oggi hanno diritto alla pensione di reversibilità solo coloro che hanno contratto un matrimonio, perciò sono esclusi tutti i conviventi o le coppie eterosessuali che hanno sottoscritto un unione civile. Così – scrive Giannino – c’è chi “obietta alla reversibilità, con due posizioni distinte. La prima, allineata al no alle adozioni, considera ulteriormente inaccettabile la pensione ai supersititi tra omosessuali, in quanto ulteriore parificazione dell’unione civile al matrimonio eterosessuale. La seconda, al contrario, non obietta a consentire la pensione di reversibilità agli omosessuali, ma la invoca per eguaglianza costituzionale anche per i sottoscrittori eterosessuali di unioni civili, altrimenti discriminati e “spinti” per così dire, solo a contrarre un matrimonio vero per vedersi garantita pienezza di diritti”.
Pensioni reversibilità: quanto costano
Veniamo ai costi. Il 22 luglio scorso il Ministero dell’Economia aveva quantificato gli “oneri complessivi” in una relazione tecnica, con tanto di bollinatura della Ragioneria Generale dello Stato: 3,7 milioni per il 2016 a salire fino a 22,7 milioni nel 2025. Tutto questo in risposta ad una uscita piuttosto maldestra del ministro dell’Interno Angelino Alfano – tra i più agguerriti alfieri del fronte del no – che aveva quantificato in ben 40 miliardi il costo delle pensioni di reversibilità, cioè poco più del valore totale della Legge di Stabilità del 2016 oppure il quadruplo del decreto sugli 80 euro.
Secondo molti però la stima del Mef presenta alcune criticità. Primo: i conti dei tecnici del ministero di Via XX Settembre si riferiscono solo alle pensioni di reversibilità per le coppie omosessuali, ma se si decidesse di riconoscere questo diritto bisognerebbe farlo anche per le unioni eterosessuali, come sottolinea anche Giannino. E in tal caso i costi aumenterebbero esponenzialmente. Secondo: la relazione del Mef fa riferimento al caso tedesco di 67mila unioni civili omosessuali e 30mila assegni di reversibilità. Così secondo Lucio Malan (FI) “la relazione tecnica è ignobile” perché “sottostima il numero degli omosessuali che potrebbero accedere alle unioni civili”. Ora, sul numero effettivo delle coppie omosessuali si possono fare solo delle ipotesi. Secondo il censimento Istat del 2011 le coppie omosessuali in Italia erano 7.500 ma bisogna tener di conto della inattualità del dato e del fatto che molte coppie potrebbero decidere di fare coming out solo dopo l’approvazione della legge. Così, secondo uno studio di Love Out Law, seguendo un trend simile ad un paese a noi vicino come la Spagna, la misura arriverebbe a costare al massimo 44 milioni. Terzo: come scrive Oscar Giannino sul suo blog “non ha proprio senso in termini di principio, continuare a ragionare su criteri indipendenti da età e occupabilità del superstite, si tratti di coniuge o ‘unito civile’, ex coniuge o ex ‘unito civile’”. Ergo: visto che nel 2011 (legge Fornero) “abbiamo alzato di brutto l’età pensionabile a milioni di italiani” in materia previdenziale ci vorrebbe un po’ più di “coerenza tra la logica complessiva e i singoli trattamenti”. “Oppure – conclude Giannino – continuiamo a costruire un’Italia di diseguaglianze e ingiustizie. Persino quando si varano riforme che vogliono estendere i diritti, come nel caso delle unioni civili”.
Giacomo Salvini
Twitter @salvini_giacomo