Si fanno sempre più tesi i rapporti tra Bruxelles e governo italiano. Oggi il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker ha attaccato duramente il premier Matteo Renzi: “Il primo ministro italiano, che amo molto, ha torto a vilipendere la Commissione a ogni occasione, non vedo perché lo faccia. L’Italia a dir la verità non dovrebbe criticarla troppo in quanto noi abbiamo introdotto flessibilità contro la volontà di alcuni Stati membri che molti dicono dominare l’Europa. Sono stato molto sorpreso che alla fine del semestre di presidenza italiana Renzi abbia detto davanti al Parlamento che è stato lui ad aver introdotto la flessibilità, perché sono stato io”.
Bruxelles, i motivi dietro gli attacchi di Renzi
Uno sfogo in piena regola originato dai continui attacchi del capo del governo italiano nei confronti di Bruxelles. Ma perché Renzi ha deciso di muovere guerra alla Commissione Europea? Lo spiega Giovanni Orsina su La Stampa elencando tre motivi principali.
La sostanza innanzitutto. La legge di stabilità 2016, com’è noto, ha tagliato le tasse ma non la spesa pubblica. Questa strategia, al di là della sua logica economica, ha una matrice politica evidente, perfino banale: raccogliere più consenso possibile abbassando le imposte, con l’intento non ultimo di invadere gli spazi elettorali tradizionali del centrodestra, senza però inimicarsi gruppi d’interesse importanti. Perché questa strategia funzioni, tuttavia, occorre far leva sul deficit. E la leva del deficit passa per Bruxelles
L’immagine, in secondo luogo. Per carattere personale, ma anche perché è politicamente più debole di quel che sembri, il presidente del Consiglio ha bisogno sia di tenere sotto pressione l’agenda con nuove iniziative, sia di offrire capri espiatori all’opinione pubblica. L’Europa è un campo nel quale può mostrarsi attivo. Come capro espiatorio, poi, funziona a meraviglia, e certo non oggi.
Ma soprattutto, mostrandosi “muscolare” con Bruxelles, Renzi può fare concorrenza sul loro stesso terreno al Movimento 5 Stelle e alla Lega, senza per questo perdere consensi a vantaggio dei partiti più moderati ed europeisti.