Unioni civili, tra costituzionalità ed unità del PD: ecco le sfide per Renzi
Unioni civili, tra costituzionalità ed unità del PD: ecco le sfide per Renzi
Non si diradano le nubi attorno al controverso disegno di legge sulle unioni civili, il cosiddetto testo Cirinnà, la cui discussione parlamentare è prevista presso l’aula di palazzo Madama per la fine del mese. Nelle ultime ore gli schieramenti politici della maggioranza si sono arrovellati per appianare le divergenze di coscienza riguardanti l’articolo cinque, la stepchild adoption, in altre parole la possibilità, da parte del partner, di accedere ai benefici dell’adozione dell’eventuale figlio biologico dell’altro membro della coppia. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha in questi giorni assicurato una approvazione veloce e repentina del testo senza indulgere in sostanziali modifiche che cancellino o snaturino l’essenza dell’articolato di legge. La qual cosa dovrà tuttavia necessariamente fare i conti con le diverse sensibilità conservatrici interne al Pd e con una opposizione agguerrita, M5S e Sel, che minaccia di non votare il testo in presenza di eventuali compromessi al ribasso.
Unioni civili: un po’ di chiarezza circa la stepchild adoption
L’articolo 5 del disegno di legge sulle unioni civili che regola i rapporti d’adozione e affido presentato dalla relatrice del Pd, Monica Cirinnà, dunque l’annosa stepchild adoption, non è una prassi giuridica nuova: chi si meraviglia di tale normativa stupendosi della novità, evidentemente non ha buona memoria. In Italia la stepchild adoption esiste già ed è garantita dal 1983, precisamente dalla legge numero 184. La possibilità d’adozione da parte di un membro della coppia dell’eventuale figlio biologico del partner, previo consenso di entrambi i genitori naturali, è quindi un fatto assodato per le coppie eterosessuali. Il testo Cirinnà, e qui è situata la vera novità, estenderebbe tale beneficio anche alle coppie omosessuali. La sfida per il governo di Matteo Renzi, anche ricordando le tristi sorti dei simili provvedimenti passati, Pacs e Dico su tutti, è quella di garantire l’approvazione di una legge che rappresenterebbe un primo tassello importante per quella legislazione riguardante i diritti delle coppie omosessuali e delle unioni civili, che vede l’Italia in forte ritardo rispetto alle giurisprudenze europee. Tutto auspicabile allora? Certamente sì, ma tra il dire e il fare, c’è di mezzo la Corte costituzionale.
Unioni civili: i nuovi dubbi sulla costituzionalità del provvedimento Cirinnà
Una nuova difficoltà d’orizzonte che l’Esecutivo dovrà senza dubbio affrontare nei prossimi giorni riguarda la costituzionalità del provvedimento con riferimento non tanto all’articolo cinque del testo Cirinnà, quanto agli articoli due e tre circa la natura e la disciplina dell’istituto matrimoniale in Italia. Alcune fronde interne della maggioranza starebbero guardando con seria preoccupazione ad una possibile equiparazione avanzante dei diritti nascenti delle unioni civili, così come sarebbero stabiliti dal disegno di legge, al matrimonio tradizionale. L’ultimo pronunciamento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in merito al disegno di legge Cirinnà, parere richiesto con forza da buona parte del governo, ha richiamato in causa la sentenza della Consulta numero 138 del 2010. Il capo dello Stato ha evidentemente palesato una discrezione di massima non volendo in alcun modo entrare nel merito di un dibattito parlamentare. Tuttavia il richiamo a quella sentenza del 2010, “i costituenti tennero presente la nozione di matrimonio che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso”, non sembra poter placare le acque dell’attuale agone politico.
Riccardo Piazza