Angela Merkel: il simbolo di tutto ciò che è sbagliato
Angela Merkel, al fine di soccorrere le masse in fuga dal dilaniato contesto mediorientale, ha proposto una compassionevole apertura delle frontiere europee. Si sa, il suo gesto non ha avuto molto sostegno dai colleghi europei che preferirebbero, invece, chiuderle del tutto. La rivista Time, nominandola “Personaggio dell’anno 2015” così ha giustificato la sua scelta: “è stato un atto audace che, in un unico movimento, ha minacciato sia di riscattare l’Europa che di metterla in pericolo”. Sicuramente è stato un atto audace, e nessuno meglio di Angela Merkel sa quanto non sia gestibile.
Angela Merkel: il simbolo di tutto ciò che è sbagliato
Tutti i predecessori della Merkel sono associati ad un successo politico, Konrad Adenauer ha indirizzato la Germania su un percorso filo-occidentale; Willy Brandt ha sviluppato la Ostpolitik e ha cercato di far rivivere i legami con l’Oriente; Helmut Schmidt ha battuto l’isterica Baader-Meinhof e ha contribuito a vincere la guerra fredda; Helmut Kohl ha riunificato pacificamente la Germania. E la Merkel? Beh, Mutti – come la chiamano i tedeschi – ha vinto un sacco di elezioni e ha inaugurato l’era dove longevità e mediocrità hanno preso il posto della “Storia”.
La Merkel, partendo dalle mancate riforme nazionali tedesche, dalla crisi dell’euro e dall’invasione dei rifugiati, è il simbolo dell’incapacità europea di mettere ordine in casa propria. La Germania della Merkel obbliga alle riforme economiche gli altri Stati, spende grandi quantità del suo tempo a dare fastidiose lezioni a greci, spagnoli, portoghesi e italiani che “devono fare i compiti a casa”, ma in patria la Mutti non ha mai alzato neppure un dito per affrontare le riforme economiche interne.
Finora, l’Unione Democratica Cristiana (CDU), il partito della Merkel, sulle questioni economiche interne s’è spostato sempre più a sinistra, rendendo la sua posizione virtualmente indistinguibile dai più onesti socialdemocratici (SPD) e Verdi. La Germania non possiede un grande partito politico genuinamente impegnato sul fronte del libero mercato. La forza lavoro tedesca diminuirà di 6 milioni nei prossimi 15 anni, più velocemente dello sclerotico Giappone, minacciando la sua vitalità economica a lungo termine, mentre il tasso di natalità è crollato al livello più basso del mondo. E la risposta della Merkel? La folle decisione d’abbassare l’età pensionabile. In Germania tutto resta tranquillo; ma tutto rimane irrisolto. L’unico interesse tedesco appare il potere nazionale, con conseguente ritorno economico a spese degli altri membri dell’Unione Europea.
Nel corso dei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale i leader tedeschi, come i cittadini, si sono guadagnati il rispetto e l’ammirazione del mondo, ma ora rischiano di bruciare la loro sudata reputazione per un accordo con Vladimir Putin sulla costruzione di un gasdotto obsoleto oltre che dannoso per l’unità europea. Perché nessuno alza la voce e cerca di scoraggiare la Merkel? L’obiettivo di Putin è palese: approfondire la dipendenza europea e strangolare l’Ucraina. Eppure la Merkel insiste nel descrivere il progetto di gasdotto Nord Stream 2 come “un progetto commerciale” che ha un senso di mercato.
La crisi dell’euro è remota? Il cancelliere è riuscito a confondere le acque – con tre salvataggi della Grecia, e uno ciascuno per Spagna, Portogallo e Irlanda – ma il disallineamento valutario del 20% tra il nord e il sud dell’Europa rimane stabile.
Se la debacle dell’euro ha evidenziato uno scisma tra nord e sud del continente, l’attuale crisi dei rifugiati ha chiarito come si stia preparando un’altrettanto velenosa scissione est-ovest. È quasi doveroso simpatizzare con l’apertura ai rifugiati della Merkel, tuttavia, non si può non rilevare che ancora una volta viene prescritto agli altri Stati cosa bisogna fare per essere in ordine, senza notare che gli stati del Gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchi e Ungheria), se obbligati ad accogliere un maggior numero di rifugiati, si sono detti pronti ad un ammutinamento.
Nel corso di tre grandi prove, la sua premiership ha miseramente fallito e, nonostante le recenti ondate di agiografie riservatele, è rimasta un simbolo di tutto ciò che è sbagliato fare per evitare il declino.
Gabrielis Bedris