Addio sanzioni Iran: la nuova via della seta e i possibili vantaggi per l’Italia
La fine delle sanzioni internazionali da tempo imposte all’Iran dal mondo occidentale, Usa in testa, derivante dagli accordi di Vienna circa il dossier nucleare dello scorso luglio e ufficialmente ratificata il 16 gennaio scorso, sempre nella capitale austriaca alla presenza dei più alti rappresentanti della politica internazionale, segna la nascita di una possibile nuova via della seta e di uno spartiacque importante per le sorti del commercio occidentale. L’economia italiana potrebbe ben risentirne.
Sanzioni Iran: costi e benefici di un accordo travagliato
Quello raggiunto il 16 gennaio scorso è il frutto di un lungo e intenso lavoro politico e diplomatico che affonda le sue radici nella storia recente. Dal 1979, anno della rivoluzione che cacciò definitivamente le ultime dinastie regnanti dalla Persia dando così origine alla Repubblica Islamica dell’Iran ed al governo degli ayatollah, Teheran è assurta al ruolo di potente calderone geopolitico sciita e di importante perno stabilizzatore per i precari equilibri etnici del Medio Oriente.
L’accordo circa il dossier nucleare e la fine delle relative sanzioni economiche internazionali, fiore all’occhiello della rinnovata strategia dell’amministrazione Obama e di una inedita nuova intesa tra Stati storicamente rivali, prevede la fine di un embargo finanziario ostinato, la ricapitalizzazione di alcuni fondi di investimento esteri per il credito iraniano, ma soprattutto la liberalizzazione del commercio delle materie prime sul mercato, petrolio su tutte.
Secondo uno studio della Banca Mondiale, negli ultimi quindici anni, nonostante i blocchi imposti dall’Occidente, l’Iran ha comunque mantenuto un discreto rullino di marcia grazie ad una crescita del 5 per cento annuo. A fronte di questi guadagni Teheran, rappresentata al consesso di Vienna dal ministro degli Esteri Javad Zarif che a sua volta ha condiviso l’azione diplomatica con l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Federica Mogherini e con il segretario di Stato Usa Kerry, dovrà, nei prossimi mesi, ridurre il numero delle centrifughe che consentono l’arricchimento dell’uranio e dismettere definitivamente il reattore ad acqua pesante di Arak per la fabbricazione di plutonio. Il via libera alle strategie di accantonamento delle strumentazioni nucleari è stato garantito grazie alla supervisione dell’Aiea, l’agenzia dell’Onu per il controllo dell’energia nucleare.
L’Iran e l’incognita del greggio
I recenti crolli del prezzo del petrolio all’interno delle quotazioni borsistiche mondiali stanno contribuendo a deprimere ancor di più la crescita macroeconomica globale. Le nuove intese sulla liberalizzazione del mercato di Teheran, di certo non contribuiscono alla stabilizzazione dei costi. Ad una produzione già ipertrofica di oro nero non corrisponde una domanda sufficiente tale da garantire un equilibrio di rendita stabile.
Le grandi potenze sunnite produttrici storiche di greggio – si veda l’Arabia Saudita – tengono le quotazioni ai minimi, stimolando la produzione con oneri sempre più massicci, per soffocare una concorrenza sempre più agguerrita. Il ritorno dell’Iran sulla scena dei mercati e l’avvio delle esportazioni dello shale oil statunitense potrebbero rappresentare due motivi di valida preoccupazione per la stabilità della bilancia economica mondiale. Il Bloomberg Commodities Index (Bcom) conferma una più ampia e generale svalutazione delle materie prime in questo inizio di 2016: il rame ha perduto 7,4 punti percentuali del suo valore rispetto agli ultimi mesi del 2015, i minerali di ferro il 6,3 per cento ed il grano lo 0,9 per cento.
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— Laurens Cerulus (@laurenscerulus) 20 Luglio 2015
Addio sanzioni Iran: per l’Italia un indotto commerciale potenziale da 3 miliardi di euro
Grazie alla fine delle sanzioni commerciali tra Occidente ed Iran, per gli Stati a sapiente vocazione esportatrice e manifatturiera, come l’Italia, potrebbero palesarsi presto nuove piattaforme per lo sviluppo industriale ed economico. Un rapporto del gruppo pubblico Sace ha stimato in 3 miliardi di euro i possibili nuovi introiti per il sistema dell’export italiano tra il 2015 e il 2018. La meccanica strumentale per il settore energetico ed i beni intermedi di consumo, grazie al rinnovato e aperto bacino d’utenza di Teheran, prevedono un aumento medio del 3,9 per cento. Negli anni dell’embargo il volume degli scambi commerciali tra Italia e Iran ha subito una contrazione netta passando da 7 miliardi a 1,6 miliardi. I recenti accordi rappresentano dunque, per l’economia italiana, un vero e proprio Vaso di Pandora.
Riccardo Piazza