Unioni Civili, intervista a Silvia Costa: “Nel Pd manca un confronto interno”

Silvia-Costa

Articolo pubblicato da Daniele Errera il 20/01/2016

Silvia Costa ha una vita alle spalle nelle istituzioni, e non solo. Redattrice de Il Popolo, ha associato la sua carriera politica al centro: prima nella Democrazia Cristiana. Poi, quando Martinazzoli decise il ritorno alle origini (almeno per quel che riguarda il nome), fu la volta del Partito Popolare Italiano. Quindi la Margherita, nato proprio dalle ‘ceneri’ del PPI. Infine, nel 2007, il Partito Democratico. Una lunga storia politica che però non poteva avere altri sbocchi: il Pd.

Il Pd è nato con una grande ambizione: mettere insieme e dare dignità, confronto e dibattito a diverse culture politiche attraverso la sintesi. Differenti identità politiche ma che hanno alcuni punti comuni fondamentali come la concezione sulla persona, sulle istituzioni, sulla cooperazione internazionale ed altro ancora: non è stato un matrimonio di convenienza. Anzi ritengo che in Europa il Pd sia la pietra d’inciampo dei partiti socialisti europei che, come i partiti popolari, sono figli del 900’. Abbiamo posizioni più innovative rispetto ai nostri colleghi.

Ma oggi il Pd, sotto certi punti di vista, non sembra più un luogo di sintesi, ma spesso un terreno di scontri, piuttosto che di confronti.

Dal punto di vista interno abbiamo stagioni alterne. Forse abbiamo espresso troppi tatticismi che hanno superato le nuove soluzioni di riforma, specialmente per i più giovani, oggi troppo dimenticati. Anche su certe forme di concessioni a certe corporazioni il centro sinistra è stato troppo debole. Renzi, va riconosciuto, ha innovato molto, sta cercando di liberare il Paese da molte rigidità. Forse, però, sta soffrendo la dimensione del confronto interno.

Mancano luoghi di confronto?

Sarò nostalgica, tuttavia a me mancano sedi corali e collegiali in cui il clima sia più disteso. Cosa che al contrario avviene nel Pd tra Bruxelles e Strasburgo, dove invece abbiamo un grande confronto interno. Di più, abbiamo costituito un organismo di confronto interno tra eurodeputati, senatori e deputati che si riunisce periodicamente a Roma per la costituzione di nuove strategie, così da non vivere Bruxelles come imposizione, ma essere proattivi: lo abbiamo chiamato il ‘trattato di Lisbona’. E’ un discorso di collegialità spontanea.

Tornando agli scontri interni, lei è stata epicentro di polemica qualche giorno fa con Cristiana Alicata. Furono le sue esternazioni sulle cosiddette ‘lobby gay’, Silvia Costa ad aver scatenato la reazione dell’esponente Pd romano e laziale.

Chiarisco nuovamente sul lobbysmo: spesso si dice ‘lobby cattolica’, ma nessuno si è lamentato. Ci hanno addirittura dato dei ‘malpancisti e retrò’, ma avete sentito recriminazioni? Sul costrutto ‘lobby gay’, ripeto, è un’attività di pressione che esiste per molti gruppi di persone. Le donne, ad esempio. Esiste una lobby delle donne, ma nessuna si è mai offesa.

Sostanzialmente, fosse stata una singola esternazione in tempi non sospetti, non avrebbe costituito grandi problemi. Il tema è che arriva proprio in un momento caldissimo: l’approvazione di una legge sui diritti civili a livello nazionale.

Personalmente ho perplessità sui matrimoni – non omologabili – e stepchild adoption. Ma sono d’accordo sulle unioni civili, bisogna fare una legge. La stepchild adoption è prodromo della maternità surrogata, una gestazione per altri, se non c’entrasse nulla e non ci fosse un collegamento la lobby lgbt non si sarebbe scatenata. Se qualcuno si è offeso/a chiedo scusa, ma esprimevo un concetto europeo. Personalmente sono stata centro di attacchi dalla Alicata che però è una semplice iscritta Pd, in quanto membro del Cda Anas. La Alicata ha nel tempo esternato tre cose gravissime: anzitutto un paragone ad Hitler ed ai suoi pogrom, perché le mie parole e le mie posizioni sarebbero anticamera delle persecuzioni, secondo lei. Questa cosa mi tocca da vicino in quanto mio padre è un ‘Giusto fra le nazioni’, con un albero piantato dalla comunità ebraica a Gerusalemme, avendo nascosto più ebrei durante la seconda guerra mondiale. Come secondo punto ha trovato mortificante quello che ho detto, ma si trattava di un’opinione. In terzo luogo, conseguentemente al mio punto di vista ha richiesto la mia espulsione e di tutti coloro che hanno parlato di lobby gay. Espulsa dal Pd: io, che ho contribuito a farlo nascere. Il giorno della fondazione del Pd c’ero con Prodi, non so se Alicata era presente.

Non è una posizione minoritaria la vostra, quella dei cosiddetti ‘cattodem’? Non è un muro verso un mondo che si sta modificando?

No, anzi. Si è arrivato ad un grado di trasversalità molto ampia: mi sono trovata a fianco a socialiste spagnole, francesi contro la maternità surrogata. Un’inaspettata trasversalità. Sono temi di questi giorni decisioni anche in India, Tailandia, Nepal il divieto di maternità surrogata nei loro Paesi. E non sono Paesi cattolici. Perciò quello che proponevamo in Parlamento Europeo è diventata la linea di una pratica sempre più inaccettabile.

Una soluzione per evitare il classico muro contro muro nel Partito Democratico?

Vedo due soluzioni: a) portare a casa le unioni civili b) accettare l’affido rafforzato. Accettare le mediazioni non è una pratica desueta in Italia. Non vorrei che l’unico ruolo delle persone che dissentono è rifugiarsi nella libertà di coscienza. In fondo è bello che 35/37 parlamentari l’abbiano detto a voce alta ed abbiano rifiutato. Forse ai tempi di Veltroni c’era più attenzione a questi temi.

In caso di promulgazione di proposte radicali (rispetto alle classiche posizioni ‘cattodem’), si rischia la scissione?

Spero che non avvenga. Su questo tema ci sono ancora più battaglie da fare. Serve comunque un chiarimento politico interno, non è giusto che le mediazioni avvengano solo quando qualcuno rinuncia ad una posizione.

Cosa fa Silvia Costa eurodeputata?

Il dialogo interculturale attraverso l’educazione. Stiamo cercando agire per cercare di superare i conflitti. E’ un nervo scoperto, ahimè. Poi in Commissione Cultura di Bruxelles ci siamo battuti affinché la cultura (digitalizzazione, industrie culturali e altro), diventino uno dei punti fondamentali dello sviluppo Ue. Il rapporto cultura/Pil a livello Ue è il 7%. Significano milioni di posti di lavoro, specialmente per i giovani. Continuiamo il lavoro di incentivazione. Poi lavoriamo con azioni contro dispersioni scolastica, la chiamiamo ‘L’Alleanza per la Conoscenza’: l’obiettivo è quello di “rafforzare competenze e skills e capacità dei giovani di stare sul mercato”. Inoltre in Commissione Cultura stiamo seguendo proprio adesso l’Erasmus plus, Europa creativa – di cui sono relatrice – ed Europa per i cittadini, tre rapporti attraverso i quali sentiremo stakeholders al fine di migliorare, nella seconda parte di legislatura, le iniziative e i rapporti con le fasce interessate. Infine, punta di diamante del lavoro della Commissione è il lancio, assieme a Federica Mogherini, di una nuova diplomazia della cultura, anche legata ai patrimoni dell’Unesco. Il dialogo parte anche da qua.

Daniele Errera