Ucraina, Donbas: grazie al ghiaccio, la tregua tiene

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Un anno fa nel Donbas, la fine della “rasputista” (stagione del fango), che ha permesso alle truppe e agli equipaggiamenti militari il libero movimento nei campi, ha concesso alle truppe separatiste filo-russe, d’innescare due grandi offensive: hanno preso il controllo dell’aeroporto di Donetsk e la città di Debaltsevo. Sconfitte le forze ucraine che si ritirarono con pesanti perdite. Ma il morale dei militari ucraini non è crollato e a Kiev il regime non si è disintegrato. L’Ucraina, cercando l’integrazione con l’Occidente e l’Europa, si è sempre più allontanata dalla Russia. Il successo militare non ha portato a Mosca alcun significativo dividendo strategico.

L’Ucraina dopo Minsk 2

Ucraina, Donbas: grazie al ghiaccio, la tregua tiene

A metà febbraio 2015, dopo aver minacciato Vladimir Putin con più severe sanzioni economiche, Francia e Germania hanno mediato un compromesso: 13 punti di pace, noti come Minsk Due. Questo documento prevedeva un cessate il fuoco, uno scambio di prigionieri di guerra, la riforma costituzionale ucraina, un’amnistia, il ritiro delle forze straniere, elezioni legittime libere, aiuti umanitari, ricostruzione economica e il ripristino del pieno controllo ucraino del confine tra il Donbas e la Russia.

L’implementazione di Minsk Due è ancora a un punto morto e per la sua attuazione si dovrà aspettare almeno per tutto il 2016 (anche se alcune armi pesanti sono state ritirate). Mosca e l’Occidente, così come Kiev e i separatisti si accusano a vicenda di non applicare l’accordo. La regione del Donbas sembra destinata alla “guerra fredda”, anzi “congelata”. I protagonisti sembrano pronti a riprendere le ostilità su larga scala da un momento all’altro. Lo scorso mese di dicembre, la nomina di Boris Gryzlov, un ex ministro e fedelissimo di Putin, ha modificato l’equilibrio della delegazione russa che si occupa degli accordi di Minsk.

La sua investitura è stata interpretata come un segnale: Mosca sta cercando un compromesso per la crisi ucraina. Il 12 gennaio, Gryzlov è volato senza preavviso a Kiev per dei colloqui segreti con Petro Poroshenko; il 14 gennaio, era a Minsk, dove ha partecipato al suo primo incontro post-nomina con il gruppo di contatto. Il 15 gennaio, l’assistente del segretario di Stato degli USA, Victoria Nuland e l’aiutante di Putin, Vladislav Surkov, si sono incontrati a Kaliningrad per discutere di Ucraina e hanno definito l’incontro come “costruttivo”. Si sono diffuse diverse voci sia Mosca che a Kiev: è in corso un importante compromesso tra USA e Russia, l’Ucraina dovrebbe fare concessioni politiche, le sanzioni russe potrebbero essere abolite. Con le finanze e l’economia in subbuglio, il Cremlino sembra essere alla ricerca di un modo d’uscire dal caos del Donbas con la “faccia pulita”.

In realtà, le voci di una possibile svolta sono premature: due giorni fa, il rappresentante della delegazione ucraina nei colloqui di pace, Leonid Kuchma, ha riferito che senza un controllo del confine ucraino è impossibile indire elezioni e cambiare la Costituzione, inoltre, ha chiesto discussioni sulle modifiche costituzionali ucraine per il prossimo settembre. Nel campo economico invece, Mosca, di contro all’attuazione dell’accordo di libero scambio tra l’Ue e l’Ucraina, ha imposto un ampio embargo, limitando il transito dei beni ucraini attraverso il suo territorio. L’Ucraina a sua volta ha varato le proprie contro sanzioni: ha smesso di comprare il gas naturale russo e ha chiesto a Gazprom un aumento di prezzo per il transito del gas verso l’Europa. Gazprom in cambio richiede all’Ucraina di pagare miliardi di dollari di multe per del gas mai consumato.

Il Cremlino, per impedire l’integrazione ucraina con l’Occidente, è disposto ad usare qualsiasi tattica: il processo di Minsk per trasformare la Costituzione ucraina e il regime politico; Gryzlov per costringere Poroshenko alla sottomissione; Surkov per convincere gli USA ad abbandonare Kiev e a smantellare le sanzioni; oltre blocchi economici e ritorsioni. Se tutto questo non funzionasse, è sempre pronto ad usare l’opzione militare. L’inverno è arrivato di nuovo nel Donbas: il fango si congela, e, secondo l’intelligence militare ucraina, le unità di carri amati dei separatisti filo-russi sono sul campo in posizione offensiva.

Gabrielis Bedris