La spesa pubblica italiana in realtà è quella che è cresciuta meno dal 2010
La spesa pubblica italiana in realtà è quella che è cresciuta meno dal 2010
Non si accenna a placarsi lo scontro tra Italia ed Europa sui molteplici fronti, dagli aiuti alla Turchia sui migranti, alla flessibilità sui conti, alla garanzia europea sui depositi, su cui la Germania frena. Anche questo è materia di discussione nel vertice di questi giorni tra Renzi e Merkel a Berlino.
Spesa pubblica, abbiamo speso meno di tutti
Certamente siamo tutti vittime di stereotipi e luoghi comuni, e la crisi economica è stata terreno fertile, in tutti i sensi.
Vi è stato lo stereotipo di una Germania che si è arricchita alle spalle dei Paesi del Sud Europa rubando loro quote di commercio tramite la svalutazione di fatto della propria moneta, e che mirava a una egemonia da ottenersi tramite la limitazione della sovranità via fiscal compact, ma dall’altro lato persiste in molti nel Nordeuropa l’idea di un’Italia o una Spagna cicala e spendacciona, che fa spesa pubblica facile e vorrebbe usare i soldi dei contribuenti tedeschi o olandesi a questo scopo.
Anche in questa visione c’è allo stesso tempo della verità e molto errore.
Se osserviamo come è evoluta la spesa pubblica a prezzi costanti (quindi depurata dall’inflazione) da fine 2008 a oggi l’Italia è il Paese che dopo la Grecia ha provveduto a frenare e anzi di fatto diminuire in termini reali la spesa. Questo è avvenuto in particolare da fine 2010 a fin 2012, con l’azione di Tremonti prima e di Monti dopo.
Altri Paesi avevano risposto alla crisi in modo anticiclico spendendo di più ma poi accorgendosi che questa scelta non aveva fermato la crisi ma peggiorato i conti, soprattutto la Spagna che ha dovuto dal 2011 in poi diminuire pesantemente la spesa stessa, più dell’Italia, ma con l’ultima ripresa del PIL sono ricominciate a salire anche le uscite e così è ora l’Italia che le ha mantenute stazionarie che ha un livello di spesa minore di ogni altro.
Si noti come sia la Germania, che ora ha anche superato la Francia, a essere il Paese con la spesa pubblica maggiore rispetto a fine 2008, più del 10% maggiore.
E questo nonostante non sia lo Stato che ha avuto la crescita più alta, visto che questa palma spetta al Regno Unito ce invece si è rivelato molto più austero di quel che si pensa.
E’ la Francia tuttavia il Paese che più ha peggiorato la propria posizione, spendendo di più in relazione alla crescita.
Spesa pubblica, quasi ultimi anche prima della crisi
Si dirà, ma prima della crisi ce la siamo spassata, abbiamo fatto le cicale a lungo per pagarla dopo. Non è proprio così.
Se osserviamo gli anni dal 2000 al 2008, beh l’Italia è il Paese che oltre alla Germania ha più moderato la propria spesa, e il confronto con la Spagna che ha aumentato le uscite anche del 50% è stridente.
Certamente ciò è avvenuto anche a causa della crescita asfittica, la peggiore del nostro continente.
Ma allora è giusto spendere o è sbagliato? La strategia giusta è quella di aumentare la spesa per stimolare la domanda o di trattenersi per non ingenerare sfiducia nei mercati che vedono un debito che cresce senza controllo?
Chiaramente le condizioni di partenza non sono indifferenti, è ovvio che Paesi come Germania e Spagna hanno potuto permettersi di allargare i cordoni della borsa anche per il debito pubblico di partenza decisamente basso, anche la metà di quello italiano.
E naturalmente ha sempre la sua valenza il criterio di seguire l’andamento del PIL, se non altro per non doversi trovare a sforare i famosi parametri di Maastricht.
Tuttavia è chiaro che la spesa pubblica non è solo una mera risposta alla crescita ma ha per tutti gli economisti anche la funzione di provocarla, e per questo siamo costretti a parlare anche del punto di vista qualitativo, non solo quantitativo.
E allora non basta purtroppo che l’Italia sia stata parsimoniosa e non abbia esagerato con la spesa, perchè ha proseguito con una composizione della spesa purtroppo differente da quella dei Paesi più avanzata, fondata sull’assistenza pensionistica alla terza età, che anzi è ancora aumentata e meno sugli investimenti in università e ricerca o anche nella famiglia e i minori.
Sarà poco produttivo parlare di spesa pubblica solo con le percentuali e le cifre aggregate finali senza porre sempre l’attenzione su dove vengono impiegate le risorse, su quali tipologie di spesa, se quelle che soddisfano un elettorato, o quelle che stimolano la crescita futura.